AGENZIABollettino Telematico del Servizio Civile Internazionale
Supplemento al periodico "Centofiori"
Aut. trib. Roma 86/83 del 5/3/83
N°132 - 24 luglio 2001
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I seicentomila occhi di GenovaIn due giorni siamo riusciti a raccogliere una quantità impressionante di testimonianze di chi, a Genova, c'è stato e ha assistito alla mattanza compiuta dalla polizia. Questo numero speciale di Agenzia è dedicato a tutti coloro che lottano contro il tentativo di oscurare la verità perpetrato da un governo antidemocratico, da una polizia fascista e da una parte dei media. |
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di Caterina Amicucci
Domenica mattina, ore sette, arrivo a casa dopo i tre giorni di
Genova. Il silenzio della città ancora addormentata sembra irreale. Una
ansia inafferrabile mi segue, comincio a camminare su e giù, cerco di
ordinare i pensieri, di razionalizzare le idee…niente, la confusione
aumenta. Vado in bagno, mi spoglio freneticamente gettando i vestiti
il più lontano possibile, faccio una doccia ed apro i giornali, leggo del
blitz notturno nella scuola Diaz. Non è possibile! Se fossero
arrivati due ore prima avrebbero massacrato di botte anche alcuni di
noi che si erano rifugiati
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Tutto sotto controllo dice il vicequestore So che posso dire di essere
fortunato, un po' di gas lacrimogeno in fondo
il mio racconto |
di Carlo Dojmi di Delupis
Intro
(Genova. Piazza Manin, h. 16 di venerdì 20 luglio 2001).
Sul marciapiede un pacco di biscotti aperto con una striscia di sangue ancora
fresco.
Nell'aria, la puzza dei lacrimogeni.
Un ragazzo sotto shock seduto per terra. Appena malmenato dalla polizia.
L'elicottero gira in tondo sulle nostre teste.
"Tutto sotto controllo" dice oggi il vicequestore in tv. "Le
forze di polizia sono da encomiare".
Complimenti vivissimi per il lavoro svolto.
Nessuno di noi, in partenza, pensava che le peggiori previsioni si sarebbero
potute avverare. Per questo occorre ringraziare le forze dell'ordine. Sono
riuscite a sorprenderci ancora una volta.
In partenza. "Er Popolo de Siattel"
Mercoledì sera. Stazione Tiburtina. Siamo qualche centinaio e l'atmosfera é
tranquilla. Di polizia in giro se ne vede veramente poca. Iniziamo a pensare che
tutte le voci sulle perquisizioni e sul controllo asfissiante, tutti gli
articoli allarmisti miravano soltanto a dissuadere i manifestanti dal partire.
Un ragazzo prende il megafono e inizia a scherzare verso la polizia e i
giornalisti: "Popolo di Siattel, siete pronti? A proposito, ma ndo' stà
Siattel! Se siamo er popolo de siattel allora voglio anche la polizia di Siattel!".
Sul treno, riusciamo anche a convincere il capotreno a farci aprire le cuccette.
Alcuni organizzano feste improvvisate negli scompartimenti. Altri rimangono a
parlare fino a tardi.
Improvvisamente siamo a Genova Brignole. La notte é passata in un lampo. Sembra
tutto organizzato bene. Soltanto una quindicina di celerini ad accoglierci.
Smistamento verso i punti di accoglienza. Andiamo al campo sportivo Sciorba,
dove si dirigono quelli che non praticheranno la disobbedienza civile.
"Solidali con le minoranze, solidali con i neuroni di
Bush"
Giovedì mattina. Riunione alla scuola Diaz.
Si discute con i gruppi di affinità di ADN (Azione Diretta Non violenta). La
linea che sembra passare, in caso di carica della polizia, é quella della
resistenza passiva ad oltranza, che vuol dire: rimanere fermi seduti in stile
gandhiano in caso la polizia voglia sciogliere il sit in davanti alla zona
rossa. Ma quasi tutti ritengono che una carica violenta della polizia ad una
manifestazione palesemente pacifista sia soltanto una remota possibilità.
Nel Media Centre, giornalisti indipendenti e non da tutto il mondo organizzano
gli strumenti e le postazioni per seguire le giornate di protesta. Al primo
piano, la stanza adibita a Ufficio Legale del GSF e il centro medico. Nella
palestra, una simulazione del sit in per il giorno seguente. In cortile si
preparano le coreografie e gli striscioni. Arriva il gruppo dei ciclisti. Un
amico racconta di come la Digos e la polizia abbiano seguito passo passo il
percorso di "In bici al G8", scattando foto ai partecipanti. Scendendo
su Genova dalla tangenziale, i ciclisti sono rimasti impressionati dalla
quantità di cellulari che girano in città.
Giovedì pomeriggio. Corteo dei migranti. L'atmosfera è festosa e i dimostranti
sono molti di più di quanto ci si aspettasse. Iniziamo a intuire anche noi
quanto sia massiccia la presenza della polizia. Hanno posizionato decine e
decine di containers per blindare la zona vicina alla Fiera. Ma é ancora tutto
estremamente calmo e divertente. Il corteo, lunghissimo, é un continuo di canti
e slogan improvvisati: "Genovese stendi le mutande" diventa così
efficace che una signora sessantenne appende un paio di mutandoni a un
bastoncino e li sventola al passaggio dei dimostranti. Dalle finestre si
affacciano diverse persone che applaudono o sorridono. Manu Chao viene visto
sfilare con la Banda degli Ottoni. Dietro di noi i 99 Posse che chiaccherano.
Una pioggia fitta accompagna il nostro ritorno ai tendoni dello Sciorba. Rimane
in mente una frase letta su un piccolo striscione: "Solidali con le
minoranze, solidali con i neuroni di Bush".
Girasoli contro manganelli. La dolce mano della polizia
Piazza Manin. h 13. Venerdì 200 luglio.
Il concentramento pre corteo è piacevolmente caotico. C'è la Rete Lilliput, le
Botteghe del commercio equo, Legambiente... Tutti insieme a preparare le azioni
non violente a ridosso della zona rossa. Scendiamo da via Assarotti cantando e i
passanti, ancora una volta, sorridono alla creatività della sfilata. Lo
scenario, arrivati in fondo, inizia a mutare. Un cordone di poliziotti si é
schierato alcuni metri davanti alle reti che cingono la zona rossa. Il corteo si
blocca tranquillamente e alcune persone riescono in modo pacifico a passare il
cordone e ad appendere striscioni sulla rete. Dentro alla cittadella ridicola
degli 8 grandi, uno spiegamento pazzesco di forze ci guarda immobile.
Improvvisamente, da una via laterale arriva la marcia dei Pink, un gruppo di
pacifisti stranieri vestiti di rosa con tamburelli e percussioni varie. La
polizia comincia ad innervosirsi. Ci si sposta nella piazzetta adiacente, che si
affaccia su un altro spezzone di rete. Riusciamo ad arrivare sotto e la festa è
grande. Risuonano i fischietti e i tamburi, una ragazza si arrampica sulla rete,
un altro riesce a salire fino in cima e rimane seduto agitando un girasole verso
la zona rossa. Un applauso enorme cresce, insieme alle grida di vittoria dei
manifestanti. L'oltrepassamento simbolico é riuscito. Dai telefonini iniziano
ad arrivare notizie allarmanti da Piazza Paolo da Novi, sembra che la polizia
abbia caricato i Cobas e gruppi di anarchici stiano devastando tutto. È la
prima di una serie interminabile di comunicazioni via cellulare che, per quanto
frammentarie, ci daranno una mano a renderci conto di come muoverci nel caos di
Genova.
La polizia all'improvviso apre gli idranti dall'altra parte della rete. La
ragazza aggrappata alla barriera riesce a resistere al getto in modo incredibile
per diversi minuti. La squadra della mobile diventa una testuggine che si sposta
da un lato all'altro della piazza, cercando di controllare le vie di fuga. I
manifestanti la seguono battendo le mani. È un assedio festoso e pacifico.
Senza alcun preavviso e senza alcuna giustificazione parte la prima carica con i
lacrimogeni. Il gruppo si spacca, alcuni risalgono verso piazza Manin, altri si
rifugiano in una scalinata laterale. La testuggine si sposta e blocca la strada
che sale. Si ricompatta la protesta. I Pink ballano davanti agli scudi della
celere. Ancora il battito di mani a coprire di ridicolo l'atteggiamento
aggressivo dei poliziotti. Di nuovo, senza alcun pretesto, una carica. Sempre
più violenta e, questa volta, decisiva. Dobbiamo risalire la scalinata per
parecchie decine di metri prima di smaltire l'irritazione al volto. Per fortuna
abbiamo le cipolle, un rimedio assolutamente efficace per alleviare il senso di
vomito che sale.
Primo incontro con i fantasmi del Black bloc
Alle 15, infognati nella trappola di via Assarotti, decidiamo di raggiungere gli
altri su in Piazza Manin. Dobbiamo sbrigarci perché sembra che stia per
arrivare un gruppo di anarchici e il rischio è quello di trovarsi in mezzo a
due fuochi.
Appena sbucati nella piazza, riusciamo soltanto a salutare tre dei nostri che ci
vengono incontro. La polizia, alla nostra sinistra, lancia i lacrimogeni verso
un gruppuscolo di Black bloc che sta risalendo da destra. Un lacrimogeno atterra
vicino al mio piede destro. Non c'è tempo da perdere. Dopo pochi metri ci
accorgiamo che la polizia non si è mossa nella nostra direzione. Prendiamo una
via laterale e riprendiamo fiato. I primi dubbi: come mai la polizia non ha
inseguito i black? In serata e nei giorni seguenti arriverà la spiegazione
semplice e terribile, supportata da un'infinità di testimonianze: la celere ha
trascurato i black per massacrare di botte i pacifisti di Lilliput, delle
Botteghe del commercio equo... che avanzavano con le mani alzate.
Verso le 16 rientriamo in una Piazza Manin completamente deserta. A terra ci
sono tracce di sangue e il fumo dei lacrimogeni é ancora nell'aria. Alcuni
pacifisti cercano di mettere a posto i giardini devastati dalle cariche. È una
scena irreale.
Il corteo improvvisato
Piazza Manin, h. 16,30 circa. Si cerca di dare un senso alla nostra giornata. Un
gruppo di persone si riunisce sul marciapiede per decidere come muoversi. Le
notizie che arrivano sconsigliano di scendere verso piazza Kennedy a gruppi
piccoli. Sotto é l'inferno.
Si riesce a formare un'assemblea spontanea di 300 persone, tutte sedute in un
piccolo parco vicino alla piazza. Un ragazzo fa la traduzione dall'italiano
all'inglese e viceversa. Mentre l'assemblea si svolge, passa una vespa con due
tizi a bordo. Si fermano e iniziano a fare domande a un inglese. Mi avvicino e
penso "Strano, di solito siamo noi a fermare i motociclisti per farci
raccontare cosa sta succedendo sotto". Subito uno dei due chiede che stiamo
facendo e chi siamo, rispondo "si chiacchera". Per tutta risposta il
tizio fa "dovete scendere a menare i black bloc". La discussione
rimane lì, anche perché inizio a pensare sempre più che siano due infiltrati.
Dopo un minuto comincia ad arrivare un manipolo di tute nere con le spranghe che
si ferma accanto al parco. Lentamente ne arriva qualcun altro finché non
diventano una cinquantina. La situazione è paradossale. I Pink, il nostro
gruppettino di amici e qualche pacifista da un lato, i Black con i bastoni e le
spranghe dall'altro. Un mediatore improvvisato va a parlamentare e chiede che se
ne vadano e ci lascino stare. I Black ci chiedono se possono scendere insieme a
noi. Il mediatore risponde che se lasciano le mazze, si tolgono i passamontagna
e ci seguono a 5 minuti di distanza si può fare. I black iniziano a prenderci
per il culo: "Ragazzi andiamo che qui ci sono i pacifisti" e ridono.
Alla fine riusciamo a prendere due direzioni opposte. Parte un incredibile
corteo improvvisato guidato da una ragazza del nostro gruppo con una cartina di
Genova in mano. Ad un bivio scegliamo una scalinata che scende. Dopo pochi metri
ci accorgiamo che gli scalini arrivano in bocca ad una caserma della Guardia di
Finanza. Si vedono in lontananza i volti delle guardie allarmate che escono in
tutta fretta dal portone schierandosi a decine e decine in assetto antisommossa
verso di noi. Si blocca tutto. Trecento persone ferme su una scalinata lunga e
ripida. Due ambasciatori improvvisati vanno a parlamentare con la polizia. Ci
concedono di scendere a gruppi di 30 e di prendere a destra rasentando il muro.
Incontro un giornalista di Carta che racconta di essere stato anche lui a
Piazza Manin durante gli scontri e di aver visto un ragazzo con la testa
fracassata. Mi viene in mente uno dei nostri che ha rischiato brutto durante la
stessa carica, un poliziotto gli ha lanciato un sasso che gli ha sfiorato la
testa.
Arriva la notizia
Il corteo si ricompatta. Mentre sfiliamo, le persone affacciate alle finestre ci
salutano. Davanti a i nostri occhi, i primi segni evidenti delle devastazioni:
cassonetti rivoltati, macchine bruciate, una filiale della banca San Paolo
completamente distrutta.
Siamo all'incrocio con via del Castoro. Andrea sta al telefonino, ci fanno cenno
di fermare il corteo. Ci sediamo tutti sulla strada. Arriva la notizia "Un
ragazzo è morto durante gli scontri a Corso Buenos Aires. Sembra che gli
abbiano sparato un candelotto in faccia. La polizia sta tentando di incolpare
dell'assassinio i suoi compagni". Scende il gelo e il silenzio. I brividi,
una ragazza piange. Poco dopo arriva la notizia che la polizia ha sparato con
una pistola. Non riesco a crederci. La tensione é altissima e si sfoga in un
silenzio irreale che accompagna il corteo fino a un altro grande incrocio.
h. 19. Ho perso completamente la concezione del tempo. Le ore si dilatano.
Sembra di essere qui da un mese. Non possiamo muoverci da questo incrocio. La
polizia non ci vuole far passare. L'elicottero vola basso. Gli scontri sono
ancora violentissimi a poche centinaia di metri. Si alza una colonna di fumo.
Partono una quindicina di blindati dei carabinieri a tutta velocità, incuranti
delle persone in mezzo alla strada. Un ragazzo rischia di finire sotto, un altro
lo prende al volo, un altro ancora tira qualcosa contro il cellulare. Un
carabiniere seduto sul blindato, con un sorriso sprezzante, ci fa un cenno con
la mano a voler dire "veniamo dopo a spaccarvi la faccia". In quel
momento mi rendo conto di come i carabinieri abbiano perso la testa. Una ragazza
scoppia in un pianto nervoso. Sale la rabbia per una situazione assurda.
Poco dopo, l'ennesima carica, stavolta blanda. Ci dividiamo, ci spostiamo in un
altro incrocio. Incontriamo un altro minicorteo piuttosto nutrito, ci uniamo a
loro e finalmente riusciamo a incamminarci verso Piazza Kennedy. Lungo la
strada, un cellulare dei carabinieri sta finendo di bruciare. Segni di
guerriglia ovunque.
I rastrellamenti
Nella piazza dei dibattiti del GSF, finalmente ci possiamo riposare. Migliaia di
persone cercano di riprendersi da una giornata pazzesca. Cala la notte e gli
elicotteri puntano i fari dall'alto contro di noi. Le voci si rincorrono:
"Meglio rimanere a dormire qui e non tornare ai campi". "Non
uscite in gruppi piccoli". "La polizia sta facendo dei
rastrellamenti". Una notizia riguarda l'assenza di mezzi di trasporto per
tornare a Sciorba. Finalmente, verso mezzanotte si riescono ad ottenere dei bus
navetta.
Sulla parete di un bagno chimico un anarchico spagnolo ha scritto: "Odio il
mondo come me stesso. Sangue e violenza".
La notte, allo Sciorba, una grande assemblea rivela posizioni nettamente
contrastanti. Si accendono discussioni molto animate fra i pochissimi che
vorrebbero rispondere con la violenza alla violenza della polizia e la
maggioranza, che vuole manifestare in modo deciso e pacifico per le libertà
democratiche.
Mi addormento con un nodo alla gola.
La manifestazione viene spezzata nel sangue
Sabato 21 luglio. h. 15,30/16. Abbiamo la sfortuna di trovarci nel terzo
spezzone del corteo. Ad un incrocio sul lungomare, siamo costretti a fermarci.
Decine e decine di cellulari schierati bloccano la strada che sale. Di fronte,
un cordone di manifestanti con il casco e gli scudi rivolti nella nostra
direzione. A sinistra, il mare. Parte improvvisamente una carica violentissima
della polizia. Dobbiamo correre indietro. Siamo rimasti in 6 nel nostro
gruppetto. Riusciamo ad infilarci in una strada laterale. Dopo una mezz'ora
proviamo a tornare per un'altra via. C'è una ragazza distesa sul marciapiede.
Ha una ferita profonda in testa da cui esce molto sangue. È in evidente stato
di shock. Il ragazzo che le tiene il braccio dice che le è arrivato un
lacrimogeno in testa. Niente di più plausibile dato che li hanno sparati dai
palazzi e, sembra, anche dagli elicotteri. Arriva un'ambulanza e la ragazza non
vorrebbe salire perché in ospedale la denunceranno sicuramente, come viene
fatto per tutti i feriti.
Più tardi verremo a sapere che dalle cariche sul lungomare i feriti sono stati
decine e decine. E che i manifestanti sono stati bloccati vicino al mare per
ore.
L'oasi nella guerriglia
Decidiamo di sfidare la sorte e di dirigerci verso piazza Ferraris, dove si
dovrebbe concludere la manifestazione. Camminando per le strade di Genova,
sembra di essere in un paese in guerra, dove regna il caos.
Un ragazzo e una signora chiedono di venire insieme a noi. Siamo in 8. Ad un
crocevia passano lentamente delle camionette. Una si ferma, e il poliziotto ci
punta contro il fucile, prendendo la mira, come fosse un gioco. Tutto sotto
controllo, diranno poi il vicequestore, Berlusconi e il ministro Scajola.
Troviamo un bar aperto, sembra un'oasi nella guerriglia. I gestori sono
gentilissimi.
Attraversiamo un dedalo di stradine, dove la gente cammina sparpagliata, in fila
indiana, a gruppetti, in direzioni opposte, con l'onnipresente rumore degli
elicotteri e il fumo che si alza ogni tanto in mezzo ai palazzi.
Giungiamo a Piazza Ferraris verso le 18,30. È rimasto soltanto un centinaio di
persone disseminate qua e là, in procinto di andar via. All'improvviso la
polizia carica con i lacrimogeni, mandando le camionette a tutta velocità.
Ancora una volta non si capisce perché. Dobbiamo correre a perdifiato.
Alle 23,30 riusciamo a partire con un treno speciale da una Brignole stracolma
di persone stanche, incazzate, ferite nel fisico e nel morale.
Il ministro Scajola difende ed elogia l'operato delle forze dell'ordine. Spero che la prossima volta si trovi casualmente a passeggiare per strada con un carabiniere che gli punta il fucile contro e prenda la mira, con un altro che tenti di investirlo con la jeep e lo minacci, e con un altro ancora che gli dia una manganellata in testa alle spalle, com'è capitato a tanti manifestanti pacifici.
Lungomare - giornata splendida, troncone di corteo di almeno centomila persone - slogan, ma anche canti, una coppia di anziani ci innaffia con gli idranti e riempie incessantemente bottiglie d'acqua fresca (grazie Geno va!). Poi tutti fermi, seduti mani in alto, telefonini che anunciano scontri un po' più avanti, si canta più forte, si battono mani, elicotteri - polizia? carabinieri? fa differenza?
Tre/quattro persone a metro quadro, non possono lanciare lacrimogeni potrebbe essere una strage di panico. Invece sì: Puff, puff: tutti in piedi, occhialetti, limoni, acqua spruzzata, niente panico, bastardi, basta!
Puff puff: ci si abbraccia, si tossisce, una signora tipo mia nonna va in
giro spruzzando acqua fresca in faccia a tutti, sembra la fata buona delle
favole.
Non ci sono vie di uscita - dove diamine vogliono che andiamo: s'imboccano
strade laterali: puff puff errato - si paga pegno, altre lacrime, occhi sempre
più
belli.
E così via...
Se non ricordo male uno dei peccati puniti nell'inferno di Dante è quello di
"matta
bestialitade". Non ho mai capito bene che cosa significasse nonostante le
chiose argute di dotti commentatori: adesso grazie al comportamento incivile e
fascista delle forze dell'"ordine" l'ho capito. Non saprei spiegarlo
ma l'ho capito.
Devo ringraziarli?
Venerdì 20. Giornata di assedio al vertice dei potenti, barricati
all'interno della gabbia "zona rossa". Fin dalla mattina presto i
gruppi preparano le diverse azioni da svolgere a ridosso delle reti. Ognuno con
le sue modalità. Noi siamo in Piazza Manin, assieme alla Rete Lilliput ed
associazionismo vario. Si sta preparando un corteo che sfilerà per poche
centinaia di metri fino alla chiusura dove sono previsti sit-in ed Azioni
Dirette Non Violente. La tensione è alta, la radio trasmette le notizie dei
primi scontri in altre piazze, ed in fondo al viale da percorrere, prima della
rete, c'è uno schieramento di polizia non previsto. Verso l'una il corteo si
mette in movimento, procede molto lentamente e dopo pochissimo tempo si arresta.
Da una traversa arriva il corteo dei Pink, i gruppi pacifisti stranieri molto
colorati e rumorosi. Li seguiamo fino all'adiacente piazzetta dove la polizia
controlla gli accessi ma non è schierata davanti alle grate. Cominciamo a far
rumore battendo le mani sulle reti, un ragazzo si
arrampica con un mazzo di fiori, un'altra ragazza sale di un metro,
l'atmosfera è allegra, nessun colpo di mano è nell'aria. Dall'altra
parte della rete partono gli idranti, poi i lacrimogeni. Perché? La gente si
disperde per un attimo poi si raggruppa di nuovo. Ricomincia la musica, balliamo
tutti, chi davanti alla rete, chi di fronte alla polizia che chiude gli accessi
alla piazza. Siamo in un budello ma al momento nessuno sembra pensarci. Alcuni
sono seduti con le mani alzate davanti agli schieramenti. La polizia arretra
leggermente, la gioia per quella che sembra una microscopica vittoria fa
aumentare l'euforia, il volume della
musica sale, chi non ballava si unisce alle danze. Cinque minuti e partono i
lacrimogeni, tanti, immotivati e terribilmente forti. Perché? Il nostro gruppo
resta diviso una parte ancora nella piazza e gli altri nella strada di accesso,
alle spalle della polizia. Ci rincontreremo solo dopo diverse ore. Ci
rifugiamo in un vicolo che sale a recuperare il respiro. Discutiamo sul da
farsi. Sentiamo gli altri che nel frattempo sono tornati a Piazza Manin, sembra
che gli "uomini mascherati" si stiano dirigendo nella
nostra direzione. Realizziamo che siamo in un budello. Decidiamo di raggiungere
gli altri velocemente. Risaliamo la strada del corteo ed entriamo nella piazza
esattamente nel momento in cui arrivano i neri inseguiti dalla polizia. La
polizia si ferma nella piazza e manganella a destra e sinistra compresa la gente
seduta a terra con le mani alzate. I blocker (?) scendono indisturbati
verso la zona rossa, la piazza si riempie di fumo, la polizia continua la
carica. Scacco Matto! Questa è stata la strategia utilizzata dalla polizia per
difendere la zona rossa: creare il fenomeno "Black Block" (ma do dove
sò usciti tutti questi?), spostarli da una parte all'altra della città
usandoli per impedire a tutti di manifestare il proprio dissenso. Per impedire
l'annunciato assedio. L'ordine pubblico non era importante, l'obiettivo della
polizia non era impedire che la città fosse distrutta ma semplicemente creare
il panico all'esterno per minimizzare il "disturbo" del vertice
e poter colpevolizzare tutto il movimento. Fuori era guerra e dentro nessuno se
n'è accorto, nemmeno a ridosso delle reti. Scacco matto! Genova è stata
sacrificata per un'astuta strategia politica. Scacco Matto! Ora siamo tutti
terroristi. Scacco matto! Di fronte al terrorismo ci vuole la mano pesante.
Scacco matto! Siamo al fascismo. Scacco matto!
di Massimo e Marta
E' stata una mattanza di inaudita violenza, che la polizia e company hanno
compiuto scientificamente sicuri di avere in tasca, sulla punta del manganello,
nel fucile, nel caricatore delle pistole una vera e propria IMPUNITA' politica e
giuridica. Un impunità ampia, degna delle dittature sudamericane, o forse anche
più ampia, visto che nel nostro paese non sono ancora state sovvertite tutte le
garanzie democratiche.Ma è una impunità che si trascina con sé delle forti
responsabilità politiche.
Quella della destra tutti le conosciamo, e non ci meravigliamo di averle viste
in opera.
Ma non sono le uniche, e forse neppure le più importanti. Le maggiori pendono
sul capo dei partiti e partitini del centro sinistra, in particolare dei
democratici di sinistra e dell'ulivo. Si può pensare che quello che la polizia
ha potuto fare trovi un brutto
ricordo nelle manifestazioni di piazza degli anni sessanta. Ma non ne siamo
proprio convinti.
Allora "l'ordine pubblico" era in mano ad un apparato di governo che
contava, agli inizi degli anni sessanta, 62 prefetti su 64 di prima classe, 64
su 64 di seconda, 241 vice prefetti su 241, 7 ispettori generali su 10, 135
questori su 135 questori, 139 vice questori su 139 vice questori, che avevano
iniziato i primi passi della loro carriera sotto il REGIME FASCISTA.
Ma a Genova, e ancora prima a Napoli, l'ordine pubblico è stato gestito da
prefetti e questori nominati durante il Governo di centrosinistra. La
pianificazione della "strategia della sicurezza" è stata discussa
fino all'altro ieri da ministri del centro sinistra.
Credo quindi che non sia la stessa cosa.Ma allora perché la mattanza e il
macello è potuto arrivare fino a tanto?
Al di là di chi l'ha materialmente eseguito, credo che ciò sia stato il frutto
anche della scellerata scelta dei DS di tirarsi indietro, di non essere
presenti, di voltarsi d'altra parte, anche quando bisognava ancor di più aprire
gli occhi.
Un sporcaccionata difficile da comprendere. La manifestazione di sabato, ancor
prima che essere contro il G8, era una
manifestazione fortemente voluta per poter affermare il diritto di parola - di
contare come cittadini - e tutto ciò era diventato tragicamente ancora più
chiaro dopo l'omicidio di venerdì. Una manifestazione che aveva in sé il
richiamo e la riaffermazione dei
nostri valori democratici, i quali ben sappiamo non si possono mai dare per
scontati, ma devono essere sempre riaffermati, garantiti e vigilati. Rispetto a
ciò i DS invece di scendere in piazza con il movimento, invece di
partecipare con 20/30 parlamentari alla manifestazione (in funzione di
osservatori, visto che hanno tanto amato farlo, quando governavano, in giro
per il mondo), invece di garantire anche con la loro presenza il pacifico
svolgimento, hanno preferito voltare le spalle.
E così la loro scelta, ai limiti della connivenza, o se non altro della
stupidità politica, ha consegnato, se mai ce ne fosse stato bisogno, ancora
maggiore impunità ai tutti i macellai, a quelli con il volto coperto di
maschere nere e a quelli che, invece di agire in nome della sicurezza, hanno
scientemente percorso la strategia della violenza e delle violazioni di tutti i
diritti costituzionali.
D'altronde, e qui la storia insegna, simili atteggiamenti di irresponsabilità
politica hanno permesso negli addietro alla Spagna di
essere violentata dalla furia franchista e al Cile di Allende di morire sotto i
colpi di una sanguinaria dittatura.
Cosa altro dire?
di Francesco
Desideravo esprimere la mia amarezza e la condanna per le violenze di questi
giorni, ma anche la ferma riprovazione per l'atteggiamento tenuto dalle forze
dell'ordine. Come simpatizzante del movimento di Pax Christi Italia ho
partecipato alla manifestazione di sabato 21 con la Rete di Lilliput di Cremona
(insieme ai Circoli di Rifondazione Comunista di Crema e Cremona). Sono rimasto
tutto il tempo nella coda del corteo, nel terzo troncone cui non e' stato
consentito di arrivare a Marassi ed e' stato respinto verso Nervi. La
testimonianza che posso dare e' che a meta' della manifestazione,
siamo stati fatti retrocedere in seguito ad incidenti avvenuti piu' avanti ed
abbiamo dovuto percorrere a ritroso Corso Italia. Per impedire infiltrazioni
degli anarchici abbiamo formato un cordone umano e la situazione si e'
prontamente rasserenata. Mentre eravamo seduti in tranquillita' (c'erano vicino
gruppi di pacifisti, verdi, le ACLI, ragazzi con le bandiere sarde e un gruppo
portoghese), dagli elicotteri e dalle colline circostante sono piovuti
lacrimogeni, lanciati dalla polizia in modo del tutto gratuito ed immotivato.
Questo ha provocato il panico generale e ci siamo dispersi in fuga sotto
la spinta dei ragazzi che ci stavano dietro, probabilmente inseguiti dalla
polizia e tra cui non erano comunque presenti anarchici del blocco nero.
Nel corso della serata ho potuto raccogliere testimonianze di numerose persone
(fra i quali quella preziosa di un prete, estraneo al movimento e presente per
caso nella zona del corteo in quanto si recava ad una estrema unzione in
una clinica) che mostrano come le forze di polizia siano rimaste deliberatamente
inerti di fronte alle razzie criminali degli anarchici, attaccandoli solo nei
momenti in cui questi decidevano di andare a mescolarsi nel corteo. In tal
modo sono stati oggetto di repressione violenta persone totalmente pacifiche e
appartenenti ai movimenti non violenti. E' chiaro che lo scopo delle forze
dell'ordine era quello di screditare un movimento vasto, pacifico e che
proponendo una valida alternativa ai modelli esistenti e' considerato un
pericolo per gli attuali governi.
Chiedo scusa per la scarsa brillantezza della mia esposizione ma desideravo
fornire al piu' presto la mia testimonianza sui drammatici fatti di questi
giorni.
di Chiara
Carissimi amici, amiche, parenti, professori, conoscenti e sconosciuti, con
questa lettera voglio raccontarvi cio' che ho vissuto a Genova in prima persona
nelle giornate del 19, 20, 21 luglio.
Lo sgomento per ciò che è successo è grande, ma cercherò di dare la mia
testimonianza nel modo più lucido e ordinato possibile.
Cos'è successo? Cos'ho visto?
Ho visto la polizia prendere a botte indiscriminatamente e senza ragione donne,
anziani, ragazze e ragazzi mentre una banda di teppisti devastava indisturbata
la città.
Ho visto volontari del corpo medico del Genoa Social Forum (G.S.F.) finire
all'ospedale per le manganellate ricevute, ho visto fotografi a cui sono state
distrutte le macchine fotografiche perché avevano scattato immagini scomode.
Ho visto i media che "informavano " i cittadini dando solo notizie
parziali dell'accaduto: solo teppismo, solo distruzione.
In tv hanno forse fatto vedere immagini del meraviglioso corteo del 19?
Dovete infatti sapere che in quel giorno si è svolto il primo corteo
organizzato dal G.S.F.(l'insieme di organizzazioni, e associazioni che hanno
gestito CORAGGIOSAMENTE E COSTRUTTIVAMENTE la protesta che avrebbe dovuto
essere ordinata e pacifica durante lo svolgimento del G8).
Il corteo dei migranti ha sfilato ordinatamente e pacificamente: 30.000 persone
tra associazioni, organizzazioni di ogni paese, gente di ogni età (c'erano
madri coi bambini e molte persone anziane), hanno fatto una grande
manifestazione.
Una festa di colori e musiche che passava per le vie della città accolta dal
saluto gioioso e dalle mutande dei genovesi (il capo del governo, mentre
allestiva la città fantasma che avrebbe ospitato il summit, ha espresso il suo
ribrezzo nei confronti del scarso gusto estetico mostrato dai genovesi nello
stendere la biancheria ai propri balconi).
Ecco un episodio che può rendere l'atmosfera che si respirava in quei momenti.
Il corteo avanzava molto lento, per il gran numero di persone che lo
componevano, ad un certo punto la parte in cui suonava una delle tante bande si
è fermata sotto una finestra dalla quale era affacciata un'anziana signora che
gioiosa ci salutava e batteva le mani al tempo della musica: lei ci sorrideva e
noi tutti la salutavamo, sembrava che la banda stesse suonando solo per lei…
Tengo a sottolineare che in diversi punti il corteo ha tranquillamente sfilato
di fronte a schieramenti di centinaia di poliziotti con fucili caricati, a
lacrimogeni puntati (d'ora in avanti li chiamerò semplicemente fucili), ma non
è successo nessun disordine. Perché? Perché noi non avevamo nessuna
intenzione di disturbarli, perché cordoni di volontari del G.S.F. che si
tenevano per mano ci indicavano il percorso da seguire e perché evidentemente
per quel giorno la polizia non aveva ricevuto ordini di caricare senza motivo la
folla inerme (COSA AVVENUTA NEI DUE GIORNI SUCCESSIVI)
Nel tardo pomeriggio il corteo è arrivato in Piazzale Kennedy, dove la musica e
le danze sono proseguite ancora fino a tardi.
Per la giornata del 20 non era previsto nessun corteo ne' alcun incontro presso
il Global Forum (lo spazio dove dal 15 si sono tenute numerose conferenze, su
temi riguardanti lo sviluppo, l'ambiente, la finanza da rappresentanti di
importanti associazioni): erano previste diverse forme di protesta in vari punti
della città.
Ciò significa che c'era chi, come i pacifisti, è stato sdraiato tutto il
giorno con le mani dipinte di bianco in piazza, c'erano le cosiddette piazze
tematiche (gestite dal comitato degli agricoltori, dalle botteghe del commercio
equo e solidale..), c'erano spettacoli, balli giocolieri e danze e c'era
anche chi faceva disobbedienza civile (la "disobbedienza civile" è un
termine base della tradizione non violenta: si disobbedisce ad una legge per
manifestare il proprio rifiuto radicale di un'ingiustizia, fosse pure legalmente
perpetrata: in questo caso si protestava con la mancata libertà di
manifestazione e di movimento all'interno della città genovese).
Tengo a specificare che il 20 è il giorno in cui è stato ucciso Carlo Giuliani
(primo episodio di disinformazione feroce da parte dei media: prima ancora che
si conoscessero le generalità del "morto" già si inventavano false
storie sul suo conto: vorrei sottolineare che NON si trattava di un vagabondo,
che NON viveva di elemosina, e NON aveva in mano una bombola del gas, bensì un
estintore. Non sono assolutamente d'accordo con quello che ha fatto, ma non è
un buon motivo per lasciare che la gente racconti menzogne)
Ecco come l'ho vissuto io: verso le undici io e i miei 5 compagni ci siamo
diretti con un corteo pacifico, formato in gran parte da francesi del gruppo
ATTAC (che lotta per la cancellazione del debito e per la Tobin Tax) e siamo
arrivati in piazza Dante.
Era impossibile raggiungere altri punti della città (ad esempio la piazza dei
pacifisti e del movimento delle donne) perché le forze dell'ordine avevano
creato barricate di container all'interno della città (sottolineo che ciò è
stato fatto in aree che non avevano niente a che fare con la zona rossa: un
ulteriore insulto alla libera manifestazione e alla libera circolazione)
La situazione in piazza Dante era la seguente: giungevano notizie
(provvidenziale è stato il mancato temuto oscuramento della rete mobile) di
scontri in tutte le altre parti di Genova, di delinquenti che liberamente
scorrazzavano per la città devastandola mentre tutti i lacrimogeni e manganelli
erano riservati per gente inerme che passava nelle vie sbagliate al momento
sbagliato.
Dei miei amici si sono mossi da Piaza Dante per tentare di andare a vedere la
situazione altrove: quando ci siamo rincontrati nel corso del pomeriggio erano
terrorizzati: entrati in una via si sono ritrovati tra gente che scappava
spaventata dietro a un massiccio gruppo di poliziotti con manganelli e
lacrimogeni. Erano in 4: tre sono riusciti a scappare di corsa, uno è rimasto
incastrato tra le macchine con altri ragazzi. "Le due ragazze di fronte le
hanno massacrate di botte" mi ha raccontato. Lui è stato gettato a terra e
s'è preso una manganellata sulla spalla.
In piazza Dante intanto a noi succedeva questo: dopo essere arrivati cantando
slogan come "Genova libera" o "Le monde n'est pas une marchandise":
ci siamo trovati di fronte ad una lunga rete metallica che chiudeva un intero
lato della piazza e la via che da essa partiva, dall'altro lato portici chiusi.
Un imbuto la cui unica via d'uscita era via fieschi, la strada in discesa da cui
siamo arrivati in corteo (sulla piazza in realtà arrivava anche una galleria,
davanti alla quale un cordone di volontari del G.S.F. bloccava il passaggio ai
manifestanti spiegando che giù di lì si andava in direzione degli scontri)
Li' in piazza invece la realtà degli scontri sembrava veramente lontana: un
furgone dell'Arci aveva messo la musica e la gran parte dei presenti ballava
festosa.
Altri dipingevano con pastelli colorati le grate oltre le quali alcuni
poliziotti ci guardavano incarogniti (credo che inevitabilmente si rendessero
conto della situazione paradossale in cui si trovavano: sembravano animali in
gabbia), altri appendevano striscioni alle grate, altri lanciavano aereoplanini
di carta, altri li infastidivano armati di luce (ovvero rivolgendosi verso di
loro con degli specchi) altri grattavano le reti con delle bottiglie di plastica
in segno di protesta.
E li' si sono viste le prime provocazioni da parte della polizia (scusate se li
chiamo genericamente così, ma a sentire parlare di "forze dell'ordine
" mi viene il voltastomaco): idranti su di noi (io ero dietro a ballare) e
spray al peperoncino a chi era vicino alle grate (lo spray al peperoncino è una
sostanza che irrita la pelle, gli occhi e le vie respiratorie anche per 30
minuti).
Uno di loro si è avvicinato alla rete metallica sorridente con le mani
dietro la schiena e poi lo ha spruzzato verso i ragazzi con le bottiglie di
plastica.
Grande momento è stato (non riesco a dare coordinate temporali precise perché
sembrava di essere in un'altra dimensione) quando un enorme serpentone di
palloncini è stato fatto passare dall'altra parte delle grate (non pietre, non
spranghe: palloncini!!!)
Più tardi quattro persone sono riuscite a scavalcare per un momento le reti, ma
io non ho visto quel momento e non posso raccontare come sia andata.
In quei momenti Agnoletto (portavoce del G.S.F.) ci ha invitati al massimo
ordine possibile, ricordandoci che quella piazza-imbuto non poteva assolutamente
permettere un'incursione nella zona rossa (che comunque era decisamente più in
là delle grate).
Poi il mio gruppetto ha deciso di andare a vedere com'era la situazione altrove
e abbiamo risalito via Fieschi: in piazza carignano c'era la banda, balli e
giocolieri. Cerchiamo un bagno, arriviamo fino al belvedere S.Chiara, dove
usiamo i servizi dell'ospedale.
Intanto arrivano di continuo ambulanze: gli avvocati volontari del G.S.F. si
offrono a raccogliere le testimonianze dei feriti (quelle stesse testimonianze
contenute nei file che la notte del 21 sono stati distrutti nei computer delle
sedi del G.S.F dove si è svolto l'agguato della polizia).
C'è un medico del servizio sanitario volontario del G.S.F. con gli abiti
imbrattati di sangue e una grossa garza sulla nuca. Racconta di essere stato
ridotto in quel modo mentre si è buttato a difendere un altro collega
medico (che noi non abbiamo visto li' fuori, probabilmente era dentro in
condizioni più gravi). I due erano ai lati di un corteo che è stato caricato,
e vi sono rimasti mentre la polizia avanzava in modo da soccorrere i
manifestanti, ma la polizia si è accanita anche contro di loro insultandoli
nonostante urlassero di essere dei medici.
Sentendo notizie di scontri ovunque, testimoniati da nuvole di fumo dei
lacrimogeni che si alzavano in diverse parti della città, udendo che i black
block riuscivano a raggiungere con straordinaria efficienza ogni piazza
provocando l'assalto feroce della polizia su tutto il resto dei manifestanti, ci
ridirigiamo verso Piazza Dante.
Siamo stati li' per un po', poi Agnoletto ha fatto un discorso che aveva tanto
il sapore di consolatorio "Abbiamo, vinto, possiamo radunarci con gli altri
manifestanti in piazza Carignano e proseguire tutti insieme in corteo fino a
piazzale Kennedy dove faremo il quadro della situazione".
Mentre ci si mobilita tranquillamente verso via Fieschi, salutando con la manina
i poliziotti in gabbia, fieri di essere l'unico punto in tutta la città dove
non sono avvenuti disordini e dove è stata simbolicamente penetrata la città
proibita, partono senza nessuna sensata ragione i lacrimogeni e le cariche: come
già sottolineato nella piazza una sola era la via di fuga , stretta e in
salita. Le cariche hanno gettato i manifestanti nel panico più totale, le tanto
ironizzate "attrezzature del perfetto manifestante" (occhialini da
piscina, mascherine, foulard bagnato con l'aceto, limoni per soffocare la
nausea) si sono rivelate provvidenziali: chi non li aveva sbandava alla rinfusa
piangendo e tossendo, i gruppi si disperdevano.
Man mano che si saliva verso piazza carignano, la situazione si placa, il nostro
gruppetto si riforma, nella piazza si forma il corteo, nonostante l'indignazione
per la carica GRATUITA, ricomincia il clima di festa pacifica con gli slogan, i
balli e la musica. Confluiamo a piazzale kennedy passando civilmente di fianco
al quartier generale della polizia (un immenso panorama di macchine, camionette,
autoblindi, RUSPE-!-blu).
Lungo la strada sono evidenti i terribili atti vandalici perpetrati durante la
giornata dalle "tute nere": straordinaria, ripeto, la loro capacità
di muoversi liberamente in una città piena di barricate e raggiungendo
miracolosamente ogni protesta pacifica, mentre nessun manifestante riusciva
oggettivamente a spostarsi da una zona all'altra, e dando casualmente la scusa
alla polizia di fare cariche ovunque. Un ragazzo mi ha raccontato di aver visto
poliziotti che senza nessun ritegno sradicavano e travolgevano banchetti del
commercio equo e solidale.
In piazzale Kennedy è stato molto difficile condurre l'assemblea: tutti siamo
state vittime di cariche immotivate o provocate dal passaggio fantasma delle
tute nere, e ormai la notizia della morte di Carlo Giuliani si è sparsa
ovunque. Giungono voci che continuano ancora cariche in non so quale parte della
città, c'è chi incita ad andare ad aiutare, un mediatore del G.S.F. invita a
mantenere la calma. Restare calmi è stato veramente molto difficile per diverse
ragioni.
In primo luogo un elicottero enorme della polizia che girava su di noi facendo
un rumore veramente snervante che impediva a chi parlava di essere ascoltato
(N.B. il rumore degli elicotteri sulle nostre teste è stata una costante per
tutta la permanenza a Genova, e inquieta il mio poco sonno ancora adesso).
In secondo luogo perché mentre la polizia era costruttivamente impegnata a
disturbare il nostro comizio o a caricare manifestanti altrove,
"qualcuno" ha appiccato fuoco a una banca su corso Italia (e tutto il
movimento era li' seduto ad ascoltare l'assemblea)
Infine lo sdegno più grande è stato provocato dalla notizia che 5 minuti dopo
che Agnoletto aveva riconfermato la manifestazione dell'indomani, incitando a
mantenere i propositi di calma e rispetto della città di fronte alle
provocazioni della polizia, il tg3 aveva detto che lo stesso Agnoletto aveva
appena disdetto la stessa manifestazione: svista o disinformazione
volontaria?
Man mano che l'assemblea si disperde si tentano di racimolare testimonianze e
racconti sulla giornata, si rimane delusi dai telegiornali che fanno vedere solo
i Black Block che devastano (COM'è CHE NESSUNO LI HA MAI VISTI,MA NEI TG
APPAIONO SEMPRE IN POSE SCENOGRAFICHE ED ESTREMAMENTE FOTOGENICHE?) e nulla di
tutte le manifestazioni costruttive, festose e pacifiche che nonostante tutto si
erano svolte durante la lunghissima giornata del 20.
Per non parlare delle obbrobriose strumentalizzazioni da parte dei vertici della
"sicurezza" dell'assassinio di Carlo Giuliani.
La sera la gente è costretta a raggiungere i propri centri di accoglienza a
grossi gruppi, scortati dagli avvocati del G.S.F.: DEI CIVILI COL TERRORE DI
MUOVERSI DA SOLI DI NOTTE PER PAURA DI ASSALTI DELLE FORZE DELL'ORDINE ITALIANE!
Sabato 21 il corteo era previsto per le due, ma già verso le 11,30, una grande
folla si dirigeva verso la piazza di ritrovo: c'era talmente tanta gente che
alcuni gruppi non sono nemmeno riusciti a partire dall'ufficiale punto d'inizio
del corteo. Ci si muove piano piano, i genovesi ci distribuiscono bottiglie
d'acqua e ci bagnano come possono per rinfrescarci, rigoroso è stato il
servizio d'ordine organizzato dal G.S.F., nel tentare di fare quello che sarebbe
stato compito della polizia: allontanare i violenti.
Si tentava di stare in gruppi compatti, ai bordi si stava per mano per non fare
infiltrare nessuno.
Noi ci trovavamo nella famigerata metà del corteo.
Ecco quello che non ho visto, ma a cui credo, per le numerose
testimonianze di amici (ma anche quella di Don gallo). Mentre la polizia
si era schierata di fronte ad un corteo PACIFICO ED UFFICIALMENTE AUTORIZZATO e
Agnoletto è andato a trattare perché si potesse proseguire lungo il percorso
stabilito (inspiegabilmente intasato da un immenso schieramento di polizia) sono
sbucate le tute nere infiltrandosi a metà del corteo, che nel frattempo era
riuscito a proseguire la sua marcia. Cosi' il primo spezzone ha continuato lungo
corso Torino ignaro di tutto, il secondo ha visto la polizia lasciar passare le
tute nere (un quotidiano dice che ciò è stato fatto PER NON GETTARE NEL PANICO
IMANIFESTANTI!!!) e caricare il resto dei manifestanti con un vero e proprio
assalto (il corteo è stato travolto da piazzale Kennedy fino all'altezza della
caserma dei carabinieri: si tratta almeno di 500 metri).
Ecco quello che ho vissuto: il mio camper era parcheggiato in una discesa tra
piazzale Kennedy e lo spiazzo del Global Forum (la vicinanza a quest'ultimo ci
era sembrata una garanzia per l'incolumità del mezzo). Avvicinandoci a quella
zona io e i miei compagni abbiamo deciso, vista la lentezza del corteo, di
poterci permettere una pausa pranzo. Io e un altro dei 5 scendiamo al camper: il
piazzale e tranquillo, c'è chi fa la doccia e molti manifestanti sono in coda a
un chioschetto, c'è anche gente in spiaggia. Cominciano a piovere dalla strada
dei lacrimogeni: un po' di panico, poi di nuovo quiete: il chiosco riapre e
ricomincia a vendere viveri, non si capisce bene cosa succeda in strada.
Dopo un po' comincia una pioggia continua di gas lanciati ad altezza d'uomo da
un elicottero che vola bassissimo su di noi (Una ragazza è stata colpita alla
fronte!): io e il mio amico ci chiudiamo in camper, giù dalla salita scende una
fiumana di gente terrorizzata che urla "Arrivano, arrivano!", passano
anche i nostri amici, dopo un attimo di esitazione lasciamo il camper.
Usciti siamo immersi in una pioggia di gas, corriamo accecati sul piazzale del
global forum (Luogo pubblico e zona neutrale), dove ci attende una scena
spaventosa. Gli astanti sconvolti (pensate ai poveri bagnanti che sono stati
coinvolti in questo putiferio!) si dicono "Questi sono dei folli!" e
assistono ad uno scenario che sa tanto di Cile: SULLA STRADA le tute blu (cioè
la polizia) marciano in squadroni sulla strada da loro efficientemente
sgomberata e pigliano a botte i malcapitati che non sono ancora riusciti a
scappare (ricordo che ho visto sfilare in corteo GENTE IN CARROZZINA E PERSONE
IN STAMPELLE), ci sono autoblindi (praticamente dei carrarmati a cui manca
solamente il cingolato) che dominano la strada con dagli oblo' i soliti fucili
puntati verso chiunque, IN CIELO ancora l'elicottero che non si capisce bene se
non lanci più fumogeni perché ha finito le munizioni o cosa (ma l'uomo che
sbucava continuava a tenere il fucile puntato), IN MARE una quindicina di barche
di ogni misura e colore (C'ERA PURE LA POLIZIA PENITENZIARIA!) che mostravano
tutt'altra intenzione che voler accogliere a braccia aperte coloro che si erano
rifugiati sugli scogli, LA SPIAGGIA veniva velocissimamente invasa da uno
stuolo di polizia.
Insomma ASSEDIATI VIA TERRA, CIELO E MARE DALLA POLIZIA ITALIANA IN UN LUOGO
PUBBLICO E SENZA RAGIONE!
La gente continuava a saltare giù dai muretti, terminati i lacrimogeni i più
spaventati alzavano le mani al cielo in segno di resa (A CHI E PER COSA?)
e i più indignati applaudivano ironicamente e gridavano "Bravi" a
questi superman in blu che hanno badato talmente bene all'ordine pubblico e alla
nostra sicurezza da disperdere un corteo pacifico in un punto del percorso dove
CASUALMENTE NON C'ERANO VIE D'USCITA.
Abbiamo veramente temuto che ci caricassero, menassero e portassero via: e cio'
non è successo a noi, ma chi è fuggito verso la città e non verso il mare si
è visto braccare e malmenare dalla polizia.
Diverse le testimonianze di questi episodi sentite poi la sera alla radio :dei
ragazzi raccontano di essere riusciti a rifugiarsi dentro a un condominio e di
avervi visto entrare pure una tuta nera, la quale ha preso l'ascensore. Quando
questa è stata vista tranquillamente uscire anche loro hanno lasciato il
condominio, ma a differenza di chi li aveva preceduti hanno trovato un gruppo di
poliziotti che li ha malmenati.
Altri hanno raccontato, sempre alla radio di essere stati fatti inginocchiare
con le mani dietro alla nuca, poi è stato detto loro: "avete tempo fino a
tre per scappare: unoduetré" e sono stati picchiati.
Un altro signore era sconvolto, più che dalle botte da ciò che gli è stato
detto da chi lo malmenava: "IL FASCIO E' TORNATO, BRUCIATE SPORCHI
EBREI"
Noi invece siamo rimasti sul piazzale per un po' e poi abbiamo maturato la
decisione, costi quel che costi, di tentare di proseguire il corteo. Saliamo i
pochi scalini che ci separano dalla strada e troviamo ancora tensione: un
ragazzo insulta la polizia, altri tentano di farlo tacere e lui risponde
"No, non sto zitto, hanno menato mio fratello con un casco!".
Arriviamo sulla strada: pieno di poliziotti con casco, manganello e scudo,
dobbiamo vincere l'impulso di scappare alla loro vista e passargli davanti con
le mani alzate come dei prigionieri di guerra (la mia unica impotente arma era
uno sguardo inferocito, mi ripetevo a bassa voce la cosa che mi sembrava il più
terribile insulto nei loro confronti: "Forze dell'ordine!" "Forze
dell'ordine!"). Intanto un autoblindo aveva avuto la brillante idea
di ripulire la strada – ormai deserta - sfasciando una macchina
parcheggiata e trascinandola verso di noi come un trofeo , mentre noi gli
passavamo davanti a mani alzate (stile piazza Tien-a men, E NON ESAGERO).
Attraversata la strada, siamo su corso Torino: dove ci aspetta la visione
paradisiaca di un furgone che distribuisce a noi che passiamo di corsa panini e
acqua (Santo manuchao e santa comunità di S.Egidio!). Una ragazza in bici del
G.S.F. ci chiede cosa è successo e ci dice di andare a sederci un po' più
avanti insieme ad altri in attesa che ci lascino passare e proseguire il
cammino. L'idea di andare a sederci proprio di fronte ad uno schieramento di
poliziotti che ci sbarrava la strada, dopo ciò che avevamo appena passato, era
un po' inquietante (RIDOTTI AD AVERE IL TERRORE DELLA PROPRIA POLIZIA SENZA AVER
COMMESSO NESSUN REATO)
Miracolosamente ci permettono di passare, ci si disperde nelle viuzze tentando
di capire la via più sicura per raggiungere lo stadio Marassi e piazza Ferrari,
dove era previsto l'arrivo del corteo assalito: siamo decisi a raggiungere quel
punto come gesto simbolico. In strada continua la tensione, ogni via verso la
nostra meta è occupata da gente che arriva di corsa spaventata dalle cariche e
dai lacrimogeni, "Non andate di li', stanno caricando!". Di continuo.
Di scaletta in scaletta, riusciamo a raggiungere piazza Ferrari, ci sembra la
terra promessa, ci sediamo per terra come molti altri avevano già fatto e
beviamo dell'acqua, degli addetti smontano il palco del G.S.F., si formano le
code davanti ai chioschetti c'è un 'apparente atmosfera di normalità. Ma dal
palco nuove grida "Arrivano!" ci giriamo e vediamo arrivare dal fondo
di Corso Sardegna (credo si chiamasse cosi', mi scuso per la mancata precisione
toponomastica) i soliti caschi, scudi, blindi e lacrimogeni, di nuovo di corsa
per le strette vie. Raggiungiamo il piazzale dove sono radunati tantissimi
pullman in attesa della partenza, ormai il corteo è ufficialmente sciolto, la
gente arriva per andarsene.
Ci rendiamo conto che da li' a poco saremmo rimasti solo più in pochi in quella
città impazzita: dobbiamo trovare un modo sicuro per tornare al camper. Inutili
le richieste di un passaggio ai pullman, saranno pieni a breve e non hanno
nessuna intenzione di accompagnarci verso la zona più devastata della città.
Nel frattempo di nuovo, da una delle vie adiacenti al piazzale, al di la' del
fiume li si vede arrivare: solita coreografia, solito disordine. Al telegiornale
si dice che la carica e' stata motivata dal fatto che i manifestanti non se ne
volevano andare!!! Tutti continuiamo a dirci che sono dei folli.
Formiamo un gruppo di anime perse che deve dirigersi verso il Kennedy, seguiamo
un gruppo di gente che porta la bandiera della pace (sentirsi protetti da un
pezzo di stoffa con un simbolo di fronte a migliaia di uomini armati autorizzati
dallo stato a seminare il terrore nella città), chiediamo a dei membri del
G.S.F. se ci possono regalare i loro cartellini distintivi (un ulteriore mezzo
di difesa): rispondono amaramente che gli servono ancora e che con quelli
addosso ce ne avrebbero date ancora di più, "Siamo pieni di colleghi
all'ospedale".
Passiamo nella zona calda della stazione di Brignole, c'è tanta gente in attesa
di capire come e quando prendere il proprio treno: arrivano intanto una ventina
di camionette e altrettante jeep della polizia che si schierano di fronte alla
folla esausta con fare minaccioso (ci sono i soliti fucili puntati ). Uno dei
poliziotti, che sbucava su una camionetta, oltre a tenere il fucile è riuscito
a fare il prode gesto di mostrare il dito medio agli astanti. Alcuni fischiano,
altri applaudono ironicamente dicendo "Bravi, grazie, grazie!" I più
tacciono terrorizzati (e io non capisco più il significato del termine
DEMOCRAZIA).
Noi proseguiamo verso la nostra strada, decidendo che prima ce ne saremmo andati
da li' meglio sarebbe stato, attraversiamo la strada mentre continuano ad
arrivare automezzi della polizia. Uno dei conducenti mi fa degli apprezzamenti
da Dongiovanni - diciamo così -, e io non capisco più il senso della parola
GIUSTIZIA.
Raggiungiamo piazzale Kennedy, la zona è devastata. chissà da chi. Forse da
quei giovani che sono stati visti da testimoni oculari zittiti e da telecamere
sequestrate ricevere ordini dai comandanti della polizia?
Io questo non lo so perché non l'ho visto, so solo che prima un auto è stata
maciullata sotto i miei occhi da un mezzo della polizia e non da un ragazzo
vestito di nero. E, ciò che è più grave, ho visto al mio ritorno su quella
stessa macchina un vessillo con scritte anarchiche, stranamente appetibile per i
media pronti a piazzare le foto in prima pagina con titoli "Ecco le
devastazioni operate dai pacifisti". E un po' lo stesso discorso delle pose
eroiche di tipi incappucciati che trionfano su cadaveri di macchine, ma FATE
ATTENZIONE: solitamente in un angolino sullo sfondo della foto c'è un
poliziotto che non si sta bene cosa stia facendo…ah, dimenticavo, non
interviene per non seminare il panico!)
Chiedo scusa, mi ero proposta di non fare commenti avvelenati, ma sorgono
veramente spontanei..
Raggiungiamo il camper sano e salvo.
A poco a poco sembra tornare la normalità, gli elicotteri continuano a passare,
ma man mano c'è il rientro dei genovesi.
Un boato ci fa trasalire, ci giriamo di scatto verso la direzione dalla quale
proveniva il rumore: è solo un mezzo della nettezza urbana che ripulisce le
strade. Ci guardiamo e ci rendiamo conto della tensione accumulata durante la
giornata.
L'ordine apparente domina, la paura resta: in camper sentiamo alla radio le
suddette testimonianze dei pestaggi , ma soprattutto che la polizia sta facendo
irruzione in molti bar e pizzerie ad identificare ed arrestare persone.
Non ci resta che partire da questa città del terrore, DOVE ERAVAMO VENUTI PER
MANIFESTARE PACIFICAMENTE LE NOSTRE SPERANZE IN UN MONDO MIGLIORE (uno degli
slogan più diffusi era "Un altro mondo è possibile") E CI SIAMO
TROVATI IN UNA REALTA' PEGGIORE DI QUELLA CHE POTESSIMO IMMAGINARE, TROPPO
VICINA A QUELLA STUDIATA SUI LIBRI DI STORIA.
Nella notte che noi abbiamo passato a Recco (ogni auto ci sembrava un elicottero
- e questo mi succede ancora oggi - chiudevamo gli occhi e vedevamo solo tute
blu), è avvenuta la carneficina ai punti di accoglienza e al centro stampa
(quelli che in televisione sentite definire come "Quartier generale del
movimento dei violenti").
IO NON C'ERO, MA RAGIONO e penso che se non avessi avuto un camper ci sarei
potuta essere io li' a dormire col saccapelo.
Ci sarei potuta essere mentre la polizia mi massacrava di botte per tentare di
farmi sentire dai giornalisti, dai parlamentari, dagli avvocati del G.S.F. a cui
casualmente era impedito di entrare, finche' non hanno visto uscire 90 feriti
(uno è in coma).
IO NON C'ERO, MA RAGIONO, e vedo un assalto squadrista in seguito al quale
casualmente sono state sequestrate (COME OGGETTI CONTUNDENTI!!!) tutte le
macchine foto del servizio stampa del G.S.F., e i file che contenevano tutte le
deposizioni fatte ai Giuristi Democratici.
Io (ma non solo io, sono molti i giornalisti che hanno visto la stessa cosa)
delle armi inventate per giustificare una strage: dei pezzi di ponteggio, dei
martelli e dei picconi da operaio trovati nella scuola, dove si stavano
svolgendo dei lavori di restrutturazione! Ah! Dimenticavo, oggi al telegiornale
hanno affermato che sono stati anche ritrovati ordigni chimici, immediatamente
distrutti dagli artificieri.
Quando alla conferenza stampa di ieri, dei giornalisti indignati hanno
chiesto spiegazioni sull'inconsistenza di queste famigerate armi non è stata
data loro alcuna risposta.
Ma il mio racconto finisce qui, queste sono cose che potete vedere in tv
su raitre, (probabilmente ancora per poco, visto che il governo ha prontamente
chiesto le dimissioni dei dirigenti del telegiornale perché avevano osato
criticare l'efficienza delle forze dell'ordine)
Vi ripeto solo che queste sono cose che ho trovato nei libri di storia…
Il 22 mattina compriamo il maggior numero possibile di quotidiani:chiedo ai
miei amici che li stanno leggendo con sconsolata ingenuità "MA C'E'
QUALCUNO CHE DICE LA VERITA'?"
Non ho ricevuto risposta.
p.s. aggiungo un aneddoto importante: ieri in autostrada il nostro camper è
stato superato da una colonna di pulmini della polizia che rientrava da Genova:
al vedere che uno di noi indossava la maglia del G.S.F. ci ha urlato qualcosa e
ci ha fatto il SALUTO FASCISTA.
di Cristiana
Il 20 luglio mi trovavo con due altri miei compagni in piazza Manin.
Decidiamo verso l'una di andare a Piazza Dante e scendiamo con un autobus (linea
20) fino a via Canevari. Da lì tentiamo di raggiungere a piedi la zona della
manifestazione di Rifondazione e Arci, cercando di passare sia da via Sardegna
che da via Canevari. Facciamo diversi tentativi che ci prendono non so bene
quanto tempo. Ci fermiamo e siamo costretti a tornare indietro a causa degli
scontri che vediamo in lontananza e al fumo dei lacrimogeni che ci investe nel
percorso. Mentre percorriamo via Canevari notiamo un gruppo di blindati -
4 o 5 - e di carabinieri stazionare su Piazzale Marassi, all'altezza di via
Ciavarezza, a protezione apparente del carcere di Marassi. Ci accorgiamo che
gruppi di "tute nere" vengono nella nostra direzione e decidiamo di
voltare, su indicazione di alcune avventori di un bar li vicino, per una rampa
di scala con l'intenzione di tornare in Piazza Manin. Affrontiamo la rampa
insieme ad un gruppo di altri pacifisti più o meno nelle nostre condizioni.
Decidiamo quindi di fermarci un momento e di riprendere fiato e ci fermiamo
presso le mura di San Bartolomeo, proprio di fronte al carcere di Marassi. Dalla
nostra posizione potevamo vedere perfettamente piazzale Marassi, l'edificio del
carcere e via Mandoli verso il cimitero Staglieno. Potevamo inoltre vedere lo
stadio ma non l'angolo fra via Ciavarezza e piazzale Marassi. Assistiamo quindi
all'assalto di un gruppo di persone al carcere. Quando raggiungiamo il punto che
ho indicato l'assalto era già iniziato e quindi non sono in grado di dire da
dove provenissero le persone che vediamo all'opera. Nè sono in grado di dire se
il gruppo di carabinieri che avevamo notato poco tempo prima fosse ancora al suo
posto o fosse arretrata.
La scena si presentava ai nostri occhi così: vediamo un gruppo di blindati - 4
se non ricordo male - fermi, con i relativi "equipaggi", a via Rino
Mandoli all'altezza di via del Mirto. Un gruppo di persone assaliva
ripetutamente, lanciando oggetti, il portone e una finestra del carcere. Il
gruppo agiva assolutamente indisturbato al punto che poteva permettersi di
spaccare i vetri di una finestra, sistemarci degli oggetti e accendere il fuoco.
I carabinieri, nel frattempo assistevano alla scena senza intervenire. Non posso
dire con certezza in quanti fossero coloro che assalivano il carcere,
sicuramente non molti in quanto il piazzale era totalmente sgombro e non c'erano
assembramenti. La mia impressione e che fossero fra i dieci e i venti. Potevamo
vedere due persone alla volta avvicinarsi all'edificio, lanciando oggetti e poi
tornare indietro. Nel frattempo altri due o tre si avvicinavano, lanciavano e si
ritiravano. Siamo rimasti a guardare per circa un quarto d'ora. Ci siamo poi
allontanati, seguendo le mura insieme ad un altro gruppo di pacifisti
provenienti da Piazza Manin.
Ero a Genova alla "grande e pacifica manifestazione di sabato". Non
ero col Black Block, ma coi temibili Lillipuziani; ma
siccome vedo oggi, domenica, che secondo l'illuminante parere dei media a Genova
c'era solo il G8 e fuori c'erano quattro
barbari generosamente tenuti a bada, ho pensato di scrivere quel che del Black
Block ho visto stando coi Lillipuziani. Noi
lillipuziani non eravamo affatto neutri; eravamo armati di una pericolosissima
carica di tensione personale, di numerose e
spaventose mani alzate, di un disgusto pacifico ma nausebondo del G8 e di un
perverso desiderio infra-strategico di arrivare in
fondo prima di finire soffocati.
Eppure, la nostra barbarie non ha potuto contendere le prime pagine al Black
Block, il famoso nemico della libertà e del
mercato.
In mattinata, si era appreso che il ragazzo giustiziato venerdì era 1) di
Genova e 2) figlio di un sindacalista.
Questo smentiva sia che fosse "spagnolo" come gli anarchici della
guerra di Spagna del 1934, sia che fosse figlio di nessuno
come fa comodo pensare che siano squatters, punks e altre persone che non si
comportano come consigliano i padri e le
nonne. Ma soprattutto, questo dava a moltissime altre persone la possibilità di
riconoscersi in quell'ex-corpo-senza-nome.
Attorno alla partenza del corteo, radio-folla ha bisbigliato che il Black
Block stava arrivando alla Stazione di Quarto. Da dove
veniva questa notizia? Non lo so. Ma questa notizia portava a supporre 1) che il
Black Block avrebbe avuto la coda del
corteo, 2) che le tute bianche rischiassero di trovarsi il Black Block alle
costole, e 3) che la polizia avrebbe isolato e forse
massacrato la coda del corteo prima che questa potesse risalirlo, visto che
dalla Stazione di Quarto al punto d'inizio del corteo
c'era un po' di strada e cinquanta blindati della polizia.
Eppure, questa notizia era assurda in sé; era sensata da un punto di vista
mediatico e politico ma assurda come fatto. Forse che
il Black Block ordina a Trenitalia a suo nome un treno speciale? o viaggia forse
esibendo i bastoni? o canta forse le canzoni del
Black Block? (quali?)
Quando ero a un terzo del percorso, ho visto questo famoso BB dei giornali.
Ho visto ragazzi e ragazze che si distinguevano
per il fatto di avere un bastone in mano, o meglio un pezzo di legno, risalire
il corteo fra le contestazioni di alcuni lillipuziani e il
silenzio degli altri manifestanti. Non avevano divise; molti non avevano né
casco né mascherine né zaino; alcuni erano
giovanissimi. Mi è sembrato che fossero molto concentrati, ma non sono sicuro
perché ho subito pensato a Carlo Giuliani, il
ragazzo ucciso, e questo pensiero non mi ha più lasciato. Non ho avuto il
coraggio di cercare di fermarli, e per un istante ho
anche pensato che non serviva a un accidente, perchè c'erano gli altri
violenti, quelli "legittimi", per fermare i quali non potevamo
far nulla. Insomma, mi sembrava un po' scemo fare il profeta contro i pezzi di
legno e chiudere un occhio sui mitra, i blindati, la
nuova portaerei da quattromila miliardi.
Verso la fine del percorso sul lungomare, abbiamo visto molto fumo bianco
(=lacrimogeni) e poi un fumo nero (=incendio). Da
allora, non ho più visto nessun possibile BB, e c'è un motivo; i lillipuziani
hanno cambiato strada. Personalmente, credo che noi
pacifisti dovessimo seguire il percorso normale della manifestazione e passare
dentro i lacrimogeni, perché serve poco fare il
pacifista quando hai il culo all'asciutto. Ma nessun lillipuziano intorno a me
condivideva questa idea, e io non volevo staccarmi
da lilliput e quindi passare per BB e non per pacifista. Non ho ancora capito,
d'altronde, i pacifisti che tra una preghiera e una
veglia si sono esentati dal corteo.
Dopo la manifestazione, abbiamo avuto il serio problema di finire la
manifestazione, ovvero ripartire; e i BB erano il grande
spauracchio. C'erano lacrimogeni alla Stazione di Brignole, e il discorso si
poneva in questi termini; se i BB scappano ed
entrano nella folla, le "tute nere" (così era chiamata la Quarta Arma
dell'esercito alla fine della giornata) attaccano tutti; se però
ti stacchi dalla folla, e incappi nelle forze dell'ordine, ci sono fortissime
possibilità che tu riceva il trattamento BB.
Quando abbiamo appreso per radio che la Stazione di Brignole era aperta e
raggiungibile, ho visto qualcosa di molto
interessante sull'azione dei BB, almeno in quel punto. Per strada, non tutti i
negozi erano distrutti. Sullo stesso marciapiede, una
banca, sì; una agenzia di assicurazioni, sì; un negozio di ricambi per cucine
e fornelli, no. Un autosalone, sì; un negozio di
prodotti per cani e gatti, no. Una banca, sì. Siccome non mi sembra molto
probabile che le "tute nerissime" dei carabinieri
abbiano protetto in modo speciale i negozi di ricambi per cucine e fornelli e i
negozi di prodotti per cani e gatti, mi è venuto il
dubbio che i BB siano meno confusi di quello che si racconta; e che abbiano
attaccato i simboli di una società fondata sul
denaro.
Per finire, oggi ho fatto un po' il giro di giornali e agenzie di stampa. La
prima vittima di sabato sono le centomila, forse
duecentomila persone del corteo, di cui oggi non parla nessuno. Per questo ho
pensato di scrivere questo pezzo; perché
ricollochiamo i BB e ci occupiamo del resto che è scomparso.
Ricollochiamo i BB, allora: riflettendo, cercando di capire se il BB è
grande come se stesso, come la nostra paura o come un
lacrimogeno mediatico.
Secondo me, già il termine "Black Block" è ridicolo. Come si fa a
chiamare "Block" un insieme di persone che sembrano avere
un'intesa molto larga su un punto molto semplice, attaccare il denaro? Più che
un block mi sembra una specie di nuvola di punti,
abbastanza rada.
E chi sono i capi del Black Block? Pare nessuno. In effetti su di un'idea così
semplice non servirebbe neanche avere capi o
strateghi; ma se non ci sono né capi né strateghi, solo "squatters",
la polizia ha un problema molto serio, quello di dover
occuparsi del BB individuo per individuo.
Ma la polizia, i media e sostanzialmente chi vuole hanno così anche una
grandiosa opportunità mediatica, quella di poter dire
quello che si vuole del BB senza ricevere smentite. In Europa oggi, pochi altri
gruppi-oggetto sono così facilmente manipolabili
dai media; i disoccupati, i musulmani sunniti che non hanno capo né portavoce
generale, i clandestini.
Questa opportunità di libero mercato dell'etichettatura del BB mi sembra sia
stata usata anche dalle "tute bianche" e dal PRC;
mentre il GSF non è entrato nel merito degli "squatters" e dei soliti
anarchici, ha solo domandato come sia possibile che i
poderosi controlli abbiano fatto filtrare bastoni e liquidi infiammabili.
Finirei invitando a riflettere un attimo e soprattutto a far partire il
tam-tam di quello che volevamo e vogliamo dire sul G8,
perché i media hanno trovato, forse creato qualcosa che non c'entra niente con
il nostro dissenso. Domani, lunedì, il Black
Block già non esisterà più per nessuno; Carlo Giuliani, il governo, i media,
l'esercito sì, e allora anche noi pacifisti e
mal-globalizzati dobbiamo (r)esistere.
Un abbraccio a voi e alle migliaia e migliaia di Carlo Giuliani che muoiono
ogni giorno in lontani paesi grazie agli 8
Un abbraccio a Giuliano Giuliani
Ho preso parte al corteo di sabato scorso a Genova, insieme al gruppo
di Azione Diretta Nonviolenta, che in tutto ha raccolto circa cento persone
ferraresi. Il bilancio della nostra partecipazione è di cui andare fieri,
considerando soprattutto la nostra vicenda particolare. Però oggi la nostra
presenza quel giorno ha un significato di testimonianza riguardo a fatti molto
che non avremmo voluto vedere. Ricorderemo quella giornata soprattutto per ciò
che anche noi abbiamo subìto: il comportamento “infame” e criminale delle
forze dell’ordine nei confronti di migliaia di manifestanti pacifici.
Per le strade non c’era nessun carabiniere, e fin dall’inizio ci era
parso subito un brutto segno. Forse per il clima pesante dovuto alla morte di un
ragazzo il giorno precedente, l’ordine in città era stato affidato
interamente a noti reparti della Polizia di Stato, quelli che lavorano negli
stadi contro gli hooligans.
Il nostro corteo era festoso, ma tra noi e la polizia c’era alta
tensione. Per i primi chilometri non abbiamo avuto problemi. Abbiamo capito che
qualcosa non andava quando il corteo si è fermato di colpo e gli elicotteri
sono scesi sopra di noi a bassissima quota. A Piazzale Kennedy gli scontri erano
incominciati all’improvviso; la polizia però non si avvicinava ai violenti
armati che bruciavano le auto: si limitava a lanciare lacrimogeni, in numero
spropositato, direttamente in direzione del corteo, creando una cortina di fumo
visibile da chilometri di distanza. Tutto il corteo è stato costretto a deviare
lungo un corso parallelo a quello previsto. Le manovre della polizia
sembravano a tutti estremamente pericolose, i gruppi si sparpagliavano, noi
camminavamo in fila velocemente, tenendoci per mano. In seguito - verremo a
sapere - gli altri gruppetti più lenti, rimasti dietro di noi, sono stati
caricati e pestati dalla polizia. Vi racconto i fatti partendo da questo
momento, in cui sembra che per noi tutto volga verso la normalità.
Più avanti, ad un incrocio che sembra tranquillo, gli organizzatori ci
invitano a riformiare il corteo, noi ci prepariamo a riprendere il cammino. E’
precisamente in questo momento che la polizia ci carica all’improvviso, da una
via laterale. Gli agenti spezzano il corteo proprio nel punto in cui ci
troviamo. Eravamo riusciti a restare tenerci quasi tutti per mano in cento
persone, ma ora ci colgono impreparati. Per qualche minuto ci sembra di essere
completamente dispersi. Invece poco dopo a uno a uno ci ritroviamo tutti, ma
siamo costretti a riprendere la marcia in una fitta calca, perchè la polizia si
sta disponendo in assetto da guerra alle nostre spalle. Siamo contenti di essere
di nuovo uniti, e non sappiamo ancora che sta cominciando la nostra piccola
discesa nel Maelstorm.
Forse la polizia cerca sparuti gruppi di “Black Block”; il fatto è
che invece ce l’ha con noi, carica indiscriminatamente tutta la folla. Vediamo
così in azione gli attori dello show: i poliziotti, schierati armati fino ai
denti da un lato, e i “teppisti”, sporchi e cattivi, che in verità sono
pochissimi e sostanzialmente non fanno altro che insultare. Però a pochi metri
ci sono migliaia di persone pacifiche, o meglio che all’inizio erano
pacifiche, ma si stanno comprensibilmente alterando.
Le “tute nere” si muovono a gruppetti di 3-5
persone; scelgono un obiettivo e lo distruggevano metodicamente, sotto gli occhi
degli agenti, senza che la polizia mostri alcun desiderio di intervenire. Questi
gruppetti, come poi ci renderemo conto, si spostavano per la città
tranquillamente indisturbati, li abbiamo incontrati anche in seguito lungo le
strade deserte e anche ai lati del corteo. L’impressione era che non ci fosse
nessun serio tentativo di arrestare questi gruppi, le forze dell’ordine si
tenevano sempre a distanza. Il comportamento della polizia cambia, però, quando
i rivoltosi si trovano in prossimità della manifestazione.
Cinque tute nere provocano i poliziotti alla nostra sinistra, in via Pisacane. I
poliziotti li caricano, e i rivoltosi scompaiono subito entrando nel corteo. Ma
la polizia continua la sua carica contro tutti i manifestanti, lanciando
lacrimogeni direttamente in mezzo alla folla. Vicino a noi ci sono gruppi
sindacali, famiglie con bambini e bambine. Un signore crolla a terra in preda
alle convulsioni - è un possibile effetto dei gas.
Anche il gruppo nazionale della Rete Lilliput sarà caricato in pieno
dalla polizia, quasi tutti i suoi manifestanti si disperdono. Solo un ragazzo
non scappa, ma alza le mani gridando “Siamo non violenti!”. Un poliziotto si
avvicina, freddamente solleva il manganello e gli spacca la testa – un colpo
proibito dai manuali della polizia.
Mi ricordo che avevamo tanti slogan nel primo pomeriggio, e invece adesso i
gruppi di tutto il corteo scandiscono insieme una sola parola, “assassini”,
rivolti verso gli agenti.
In questo incrocio di via Casaregis, la violenza della polizia provoca
una reazione di parte del corteo. C’è sempre una parte di manifestanti
preparata ad alzare barricate, di solito sono i ragazzi dei centri sociali che
notoriamente perseguono la “difesa attiva”. Formano un gruppo immediatamente
alle nostre spalle, bloccano la strada alla polizia riparandosi dietro
cassonetti e si preparano alla sassaiola. I lacrimogeni della polizia però
hanno ormai reso l’aria irrespirabile per tutti. I genovesi sono costretti a
chiudere ermeticamente le finestre, eppure qualche persona eroica apre le
imposte e innaffia la folla con le pompe, ci aiuta a lavarci dalle sostanze
caustiche. Ma in una folla compatta non si può fuggire ai gas, e noi non
abbiamo maschere contro gli aggressivi chimici che ci torturano, nè protezioni
contro i manganelli dei poliziotti che ci corrono incontro. Dobbiamo
allontanarci: chiediamo informazioni, su che via prendere, i genovesi ci
aiutano, così lasciamo il corteo per una strada laterale. Il governo ci ha
fatto capire cosa dobbiamo farcene del nostro diritto a manifestare. Ma siamo
decisi a ritornare nel corteo il prima possibile, e infatti lo ritroveremo alla
fine, dopo una lunga fuga per le vie della città.
Alla sera però abbiamo ricevuto la notizia peggiore: il pestaggio
selvaggio dei ragazzi che dormivano nella scuola G. Pascoli. Si sapeva che i
Black Block utilizzavano alcuni luoghi a disposizione dei manifestanti, il
problema delle infiltrazioni e delle armi era stato segnalato direttamente da
Agnoletto alle forze dell’ordine. E le forze dell’ordine hanno dato, a modo
loro, una risposta paradossale e brutale. A mezzanotte del 21 fanno
irruzione sfondando la porta, nei locali e nella sede di coordinamento del Genoa
Social Forum. Effettuano ciò che beffardamente chiamano “operazione di
bonifica”. Aggrediscono i giornalisti, sfasciano i computers e le
attrezzature, mostrando particolare astio verso hard disk e videocassette. Ma l’azione
infame avviene nel palazzo adiacente: gli avvocati e i parlamentari vengono
tenuti fuori con la forza - il che è scopertamente illegale poichè gli
avvocati dovrebbero assistere alla perquisizione - perchè non devono esserci
testimoni. Il rumore dell’elicottero cerca di coprire le urla, mentre all’interno
i ragazzi e le ragazze vengono pestati selvaggiamente. Qualcuno tenterà
di difendersi con le mani, uno anche con un coltello, ma perloppiù non ne hanno
il tempo perchè vengono massacrati mentre sono ancora nei sacchi a pelo, e
tutti i poliziotti ne escono illesi. Fuori gli avvocati e i parlamentari urlano
e chiedono di entrare, ragazzi e ragazze vengono trascinati fuori coperti di
sangue. Queste e altre immagini del 21 luglio sono la vergogna nazionale; a
Berlino i manifestanti circondano la nostra ambasciata e insultano l’Italia, e
fanno bene.
Di professionisti della guerriglia, in quella scuola, probabilmente
non ce n’erano: a quell’ora c’erano invece ragazzi più giovani, gli
studenti dei centri sociali che si preparavano ad andare a dormire. Persone
normali, mai imputate di nulla. E potevano esserci i miei amici lì dentro,
quanti di noi avevano cercato un posto per dormire a Genova, tra venerdì
e sabato avevano passato tante ore in quella scuola. Il mio sentimento è un’ira
funesta. Una ragazza che conosciamo non è tornata con il suo pullmann, sua
madre non ha notizie di lei da sabato sera: teme che a quell’ora si trovasse
nella scuola, ma nessuno comunica la lista dei fermati, nemmeno gli avvocati lo
sanno.
All’indomani di questa a azione punitiva di tipo squadrista, mi restano in
mente le parole del governo che dice “non c’è distinzione” tra il Social
Forum e le frange violente, ci definisce “tutti i contestatori” collusi con
i criminali. La polizia mostra in televisione le “armi improprie” trovate
nel camion parcheggiato sotto la scuola. Siete tutti uguali e abbiamo
fatto bene a picchiare chiunque di voi, dovevate starvene a casa, comandiamo noi
– è questo il rozzo messaggio di stile “cileno”.
Il sospetto che ci fosse un piano orchestrato per delegittimarci,
strumentalizzando cinicamente la violenza e i disordini, ovviamente è quasi una
certezza. Dopo tutto ciò che ho visto, osservo: prima pensavo soprattutto a
comunicare i contenuti delle nostre ragioni manifestazione, ora mi accorgo che
dopo questa giornata i toni e i contenuti della nostra protesta sono cambiati.
Ora la nostra è anche una denuncia contro la violenza istituzionale dell’autorità
che si proclama ufficialmente “democratica”, ma che di fatto usa metodi al
di fuori della costituzione. E’ una nuova frattura nella società civile, c’è
un nuovo un clima di sfiducia che ci divide oggi dalle forze dell’ordine –
oggi sentiamo scricchiolare il tessuto democratico.
Il comportamento della polizia italiana è stato la vergogna maggiore per il
nostro paese. Oggi però sappiamo che il governo italiano usa non solo l’arma
dell’intimidazione violenta, ma anche della menzogna e - secondo decine di
testimonianze agli avvocati del Genoa Social Forum - della tortura. Tra il
governo e il popolo dei contestatori pacifici, i rapporti non avrebbero potuto
prendere una piega peggiore. Gli stati più potenti del mondo hanno dimostrato,
prima di ogni altra cosa, di avere paura al punto di abbandonare lo stato di
diritto. Quindi è proprio la loro “democraticità” che oggi tende a
divenire l’oggetto delle nostre accuse.
Avvertiamo governi che non riusciranno a isolare un movimento mondiale di queste
dimensioni. Al contrario, il fatto che non abbiamo armi non significa che siamo
una sfilata folcloristica. La nostra risposta sarà massiccia, la nostra
politica diventerà più dura, internazionale e organizzata.
Il Gruppo di Teatro
Camogli.
Venerdi 20 luglio 2001 (dalle ore 15 circa in avanti).
Sole in spiaggia e una folla di bagnanti.
Siamo un gruppo di teatranti di Milano che ha creato una performance centrata
sui temi anti-G8 con l’intenzione di sensibilizzare coloro che, ignorando ciò
che accade a pochi chilometri, trascorrono la giornata al mare.
Utilizziamo una parte della spiaggia pubblica per mettere in scena lo
spettacolo.
Subito il pubblico tutto, compresi gli inquilini dei palazzi sul lungomare,
sembra essere molto partecipe ed interessato.
L’obiettivo dello spettacolo è quello di coinvolgere in modo ironico e
giocoso la gente, cercando di attirare l’attenzione sul tema della
globalizzazione attraverso espressioni corporee e verbali.
Poco prima della conclusione due guardie della marina ci interrompono con un
atteggiamento, a nostro avviso, garbato, presentando il rischio di ricorrere a
un verbale per disturbo alla quiete pubblica qualora avessimo continuato.
Disturbo alla quiete pubblica?!
Venerdi pomeriggio.
In spiaggia.
Bambini che schiamazzano.
Onde che si infrangono.
Quale occasione per noi migliore poteva presentarsi se non quella in cui le
forze del (dis)ordine proibiscono la libertà di espressione?
Gli spettatori allibiti dimostrano la loro disapprovazione attraverso fischi ed
implorazioni, espressione di solidarietà questa che ha rafforzato il nostro
sconcerto.
Dovendo per necessità smettere, accogliamo comunque gli applausi calorosi del
pubblico.
Decidiamo di lasciare Camogli e mentre parte dei presenti si avvicina per
chiederci informazioni sul G8, alcuni di noi sono già in strada e non fanno in
tempo a decidere sul da farsi che arrivano di gran fretta due auto dei
carabinieri e una probabilmente della digos vuote (esclusi autisti) con
lampeggianti accesi.
Si fermano davanti a noi.
Scende l’agente in borghese con occhiali scuri, guanti di pelle nera e un
manganello in mano e senza qualificarsi, con toni e gesti invadenti, urla.
Lui : “Se volete far casino andate a Genova così vi facciamo quello che i
vostri amici stanno facendo ai miei colleghi”
Noi : “…”
Lui (agitando il manganello) : “ Se ci richiamano vi spacco la testa e voi
siete morti, siete morti…intesi? ”
Noi : “…”
Lui (indicando uno di noi con la barba e capelli lunghi) : “Sei tu il boss,
vero?!”
Noi : “Nel nostro gruppo non esiste nessun boss”
Il nostro senso di impotenza.
La nostra rabbia.
La sua infamia.
Partiamo alla volta di Genova… ciò che purtroppo accade attorno al vertice è
già abbastanza noto.