AGENZIA

Bollettino Telematico del Servizio Civile Internazionale

Supplemento al periodico "Centofiori"
Aut. trib. Roma 86/83 del 5/3/83
N°132 -  24 luglio 2001
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I seicentomila occhi di Genova

 In due giorni siamo riusciti a raccogliere una quantità impressionante di testimonianze di chi, a Genova, c'è stato e ha assistito alla mattanza compiuta dalla polizia. Questo numero speciale di Agenzia è dedicato a tutti coloro che lottano contro il tentativo di oscurare la verità perpetrato da un governo antidemocratico, da una polizia fascista e da una parte dei media.

di Caterina Amicucci 

Domenica mattina, ore sette, arrivo a casa dopo i tre giorni di Genova. Il silenzio della città ancora addormentata sembra irreale. Una ansia inafferrabile mi segue, comincio a camminare su e giù, cerco di ordinare i pensieri, di razionalizzare le idee…niente, la confusione aumenta. Vado in bagno, mi spoglio freneticamente  gettando i vestiti il più lontano possibile, faccio una doccia ed apro i giornali, leggo del blitz notturno nella scuola Diaz. Non è possibile! Se fossero arrivati  due ore prima avrebbero massacrato di botte anche alcuni di noi che si erano  rifugiati
lì dopo le cariche che hanno frantumato il corteo. E' tutto falso, è solo un alibi che prende due piccioni con una fava: far sparire  prove e gettare fango sul GSF. Comincio a tremare dalla rabbia, forse dovrei avere paura di una repressione che sembra non conoscere più limiti, non bisogna aspettare, è necessario reagire subito, fra questi pensieri  mi addormento profondamente. Sogno di  scappare dalla polizia, di camminare tra fumo e gas lacrimogeni e di essere arrestata. Mi sveglio di soprassalto dopo diverse ore. In  preda  ad un febbrile bisogno di notizie accendo il televisore, niente telegiornali. Mi vesto in fretta ed esco. Roma, nel suo
torpore domenicale, mi sembra più bella del solito, il mal di testa che mi ha tormentato negli ultimi due giorni è sparito, ma non riesco a liberarmi del rumore degli elicotteri e dell'immagine del  sangue per le strade, della gente seduta a terra e manganellata,  del poliziotto che per
terrorizzarci  ci puntava il mitra contro o dell'altro che sfrecciando sul cellulare con faccia sadica gesticolava un "Non vi preoccupate, dopo  tocca  a voi". Non riesco a liberarmi della sensazione di dovermi guardare le spalle.
Ma che è successo, e che succede? Mi sembra di essere in un altro tempo, in un altro luogo. Doveva essere una manifestazione è stata guerra totale, una guerra senza alleati, una di quelle guerre moderne dove soccombe sempre chi non ha armi. La rabbia aumenta. Accosto la macchina, entro in un parco, cerco il silenzio, mi sdraio sull'erba provando a recuperare un po' di tranquillità. Guardo il cielo e mi chiedo: "Quanto potrà durare?".
 

 

Sommario
 

Tutto sotto controllo dice il vicequestore

So che posso dire di essere fortunato, un po' di gas lacrimogeno in fondo 
ti fa pure gli occhi più belli

 Scacco Matto

Una mattanza di inaudita violenza

Come screditare
un movimento pacifico

Genova: la polizia fa il saluto romano

Gli assalti impuniti delle tute nere

Comodo il Black Block!

Genova 21/7/08 –
il mio racconto

Teatro di strada con sorpresa


 

"Tutto sotto controllo" dice il vicequestore

Dedicato a tutti i giornalisti e i commentatori che si permettono di sputare sentenze su fatti a cui non hanno assistito. Dedicato a tutti i parlamentari e i politici che non hanno avuto il coraggio di sostenere il diritto di manifestare democraticamente. Dedicato alle Forze dell'ordine che massacrano di botte i manifestanti pacifici. Dedicato al Governo che sta cercando di portare a compimento un disegno politico preciso di limitazione delle libertà democratiche.


di Carlo Dojmi di Delupis

Intro
(Genova. Piazza Manin, h. 16 di venerdì 20 luglio 2001).
Sul marciapiede un pacco di biscotti aperto con una striscia di sangue ancora fresco.
Nell'aria, la puzza dei lacrimogeni.
Un ragazzo sotto shock seduto per terra. Appena malmenato dalla polizia.
L'elicottero gira in tondo sulle nostre teste.
"Tutto sotto controllo" dice oggi il vicequestore in tv. "Le forze di polizia sono da encomiare".
Complimenti vivissimi per il lavoro svolto.
Nessuno di noi, in partenza, pensava che le peggiori previsioni si sarebbero potute avverare. Per questo occorre ringraziare le forze dell'ordine. Sono riuscite a sorprenderci ancora una volta.

In partenza. "Er Popolo de Siattel"
Mercoledì sera. Stazione Tiburtina. Siamo qualche centinaio e l'atmosfera é tranquilla. Di polizia in giro se ne vede veramente poca. Iniziamo a pensare che tutte le voci sulle perquisizioni e sul controllo asfissiante, tutti gli articoli allarmisti miravano soltanto a dissuadere i manifestanti dal partire.
Un ragazzo prende il megafono e inizia a scherzare verso la polizia e i giornalisti: "Popolo di Siattel, siete pronti? A proposito, ma ndo' stà Siattel! Se siamo er popolo de siattel allora voglio anche la polizia di Siattel!".
Sul treno, riusciamo anche a convincere il capotreno a farci aprire le cuccette. Alcuni organizzano feste improvvisate negli scompartimenti. Altri rimangono a parlare fino a tardi.
Improvvisamente siamo a Genova Brignole. La notte é passata in un lampo. Sembra tutto organizzato bene. Soltanto una quindicina di celerini ad accoglierci. Smistamento verso i punti di accoglienza. Andiamo al campo sportivo Sciorba, dove si dirigono quelli che non praticheranno la disobbedienza civile.

"Solidali con le minoranze, solidali con i neuroni di Bush"
Giovedì mattina. Riunione alla scuola Diaz.
Si discute con i gruppi di affinità di ADN (Azione Diretta Non violenta). La linea che sembra passare, in caso di carica della polizia, é quella della resistenza passiva ad oltranza, che vuol dire: rimanere fermi seduti in stile gandhiano in caso la polizia voglia sciogliere il sit in davanti alla zona rossa. Ma quasi tutti ritengono che una carica violenta della polizia ad una manifestazione palesemente pacifista sia soltanto una remota possibilità.
Nel Media Centre, giornalisti indipendenti e non da tutto il mondo organizzano gli strumenti e le postazioni per seguire le giornate di protesta. Al primo piano, la stanza adibita a Ufficio Legale del GSF e il centro medico. Nella palestra, una simulazione del sit in per il giorno seguente. In cortile si preparano le coreografie e gli striscioni. Arriva il gruppo dei ciclisti. Un amico racconta di come la Digos e la polizia abbiano seguito passo passo il percorso di "In bici al G8", scattando foto ai partecipanti. Scendendo su Genova dalla tangenziale, i ciclisti sono rimasti impressionati dalla quantità di cellulari che girano in città.
Giovedì pomeriggio. Corteo dei migranti. L'atmosfera è festosa e i dimostranti sono molti di più di quanto ci si aspettasse. Iniziamo a intuire anche noi quanto sia massiccia la presenza della polizia. Hanno posizionato decine e decine di containers per blindare la zona vicina alla Fiera. Ma é ancora tutto estremamente calmo e divertente. Il corteo, lunghissimo, é un continuo di canti e slogan improvvisati: "Genovese stendi le mutande" diventa così efficace che una signora sessantenne appende un paio di mutandoni a un bastoncino e li sventola al passaggio dei dimostranti. Dalle finestre si affacciano diverse persone che applaudono o sorridono. Manu Chao viene visto sfilare con la Banda degli Ottoni. Dietro di noi i 99 Posse che chiaccherano. Una pioggia fitta accompagna il nostro ritorno ai tendoni dello Sciorba. Rimane in mente una frase letta su un piccolo striscione: "Solidali con le minoranze, solidali con i neuroni di Bush".

Girasoli contro manganelli. La dolce mano della polizia
Piazza Manin. h 13. Venerdì 200 luglio.
Il concentramento pre corteo è piacevolmente caotico. C'è la Rete Lilliput, le Botteghe del commercio equo, Legambiente... Tutti insieme a preparare le azioni non violente a ridosso della zona rossa. Scendiamo da via Assarotti cantando e i passanti, ancora una volta, sorridono alla creatività della sfilata. Lo scenario, arrivati in fondo, inizia a mutare. Un cordone di poliziotti si é schierato alcuni metri davanti alle reti che cingono la zona rossa. Il corteo si blocca tranquillamente e alcune persone riescono in modo pacifico a passare il cordone e ad appendere striscioni sulla rete. Dentro alla cittadella ridicola degli 8 grandi, uno spiegamento pazzesco di forze ci guarda immobile.

Improvvisamente, da una via laterale arriva la marcia dei Pink, un gruppo di pacifisti stranieri vestiti di rosa con tamburelli e percussioni varie. La polizia comincia ad innervosirsi. Ci si sposta nella piazzetta adiacente, che si affaccia su un altro spezzone di rete. Riusciamo ad arrivare sotto e la festa è grande. Risuonano i fischietti e i tamburi, una ragazza si arrampica sulla rete, un altro riesce a salire fino in cima e rimane seduto agitando un girasole verso la zona rossa. Un applauso enorme cresce, insieme alle grida di vittoria dei manifestanti. L'oltrepassamento simbolico é riuscito. Dai telefonini iniziano ad arrivare notizie allarmanti da Piazza Paolo da Novi, sembra che la polizia abbia caricato i Cobas e gruppi di anarchici stiano devastando tutto. È la prima di una serie interminabile di comunicazioni via cellulare che, per quanto frammentarie, ci daranno una mano a renderci conto di come muoverci nel caos di Genova.
La polizia all'improvviso apre gli idranti dall'altra parte della rete. La ragazza aggrappata alla barriera riesce a resistere al getto in modo incredibile per diversi minuti. La squadra della mobile diventa una testuggine che si sposta da un lato all'altro della piazza, cercando di controllare le vie di fuga. I manifestanti la seguono battendo le mani. È un assedio festoso e pacifico. Senza alcun preavviso e senza alcuna giustificazione parte la prima carica con i lacrimogeni. Il gruppo si spacca, alcuni risalgono verso piazza Manin, altri si rifugiano in una scalinata laterale. La testuggine si sposta e blocca la strada che sale. Si ricompatta la protesta. I Pink ballano davanti agli scudi della celere. Ancora il battito di mani a coprire di ridicolo l'atteggiamento aggressivo dei poliziotti. Di nuovo, senza alcun pretesto, una carica. Sempre più violenta e, questa volta, decisiva. Dobbiamo risalire la scalinata per parecchie decine di metri prima di smaltire l'irritazione al volto. Per fortuna abbiamo le cipolle, un rimedio assolutamente efficace per alleviare il senso di vomito che sale.

Primo incontro con i fantasmi del Black bloc
Alle 15, infognati nella trappola di via Assarotti, decidiamo di raggiungere gli altri su in Piazza Manin. Dobbiamo sbrigarci perché sembra che stia per arrivare un gruppo di anarchici e il rischio è quello di trovarsi in mezzo a due fuochi.
Appena sbucati nella piazza, riusciamo soltanto a salutare tre dei nostri che ci vengono incontro. La polizia, alla nostra sinistra, lancia i lacrimogeni verso un gruppuscolo di Black bloc che sta risalendo da destra. Un lacrimogeno atterra vicino al mio piede destro. Non c'è tempo da perdere. Dopo pochi metri ci accorgiamo che la polizia non si è mossa nella nostra direzione. Prendiamo una via laterale e riprendiamo fiato. I primi dubbi: come mai la polizia non ha inseguito i black? In serata e nei giorni seguenti arriverà la spiegazione semplice e terribile, supportata da un'infinità di testimonianze: la celere ha trascurato i black per massacrare di botte i pacifisti di Lilliput, delle Botteghe del commercio equo... che avanzavano con le mani alzate.
Verso le 16 rientriamo in una Piazza Manin completamente deserta. A terra ci sono tracce di sangue e il fumo dei lacrimogeni é ancora nell'aria. Alcuni pacifisti cercano di mettere a posto i giardini devastati dalle cariche. È una scena irreale.

Il corteo improvvisato
Piazza Manin, h. 16,30 circa. Si cerca di dare un senso alla nostra giornata. Un gruppo di persone si riunisce sul marciapiede per decidere come muoversi. Le notizie che arrivano sconsigliano di scendere verso piazza Kennedy a gruppi piccoli. Sotto é l'inferno.
Si riesce a formare un'assemblea spontanea di 300 persone, tutte sedute in un piccolo parco vicino alla piazza. Un ragazzo fa la traduzione dall'italiano all'inglese e viceversa. Mentre l'assemblea si svolge, passa una vespa con due tizi a bordo. Si fermano e iniziano a fare domande a un inglese. Mi avvicino e penso "Strano, di solito siamo noi a fermare i motociclisti per farci raccontare cosa sta succedendo sotto". Subito uno dei due chiede che stiamo facendo e chi siamo, rispondo "si chiacchera". Per tutta risposta il tizio fa "dovete scendere a menare i black bloc". La discussione rimane lì, anche perché inizio a pensare sempre più che siano due infiltrati. Dopo un minuto comincia ad arrivare un manipolo di tute nere con le spranghe che si ferma accanto al parco. Lentamente ne arriva qualcun altro finché non diventano una cinquantina. La situazione è paradossale. I Pink, il nostro gruppettino di amici e qualche pacifista da un lato, i Black con i bastoni e le spranghe dall'altro. Un mediatore improvvisato va a parlamentare e chiede che se ne vadano e ci lascino stare. I Black ci chiedono se possono scendere insieme a noi. Il mediatore risponde che se lasciano le mazze, si tolgono i passamontagna e ci seguono a 5 minuti di distanza si può fare. I black iniziano a prenderci per il culo: "Ragazzi andiamo che qui ci sono i pacifisti" e ridono.
Alla fine riusciamo a prendere due direzioni opposte. Parte un incredibile corteo improvvisato guidato da una ragazza del nostro gruppo con una cartina di Genova in mano. Ad un bivio scegliamo una scalinata che scende. Dopo pochi metri ci accorgiamo che gli scalini arrivano in bocca ad una caserma della Guardia di Finanza. Si vedono in lontananza i volti delle guardie allarmate che escono in tutta fretta dal portone schierandosi a decine e decine in assetto antisommossa verso di noi. Si blocca tutto. Trecento persone ferme su una scalinata lunga e ripida. Due ambasciatori improvvisati vanno a parlamentare con la polizia. Ci concedono di scendere a gruppi di 30 e di prendere a destra rasentando il muro.
Incontro un giornalista di Carta che racconta di essere stato anche lui  a Piazza Manin durante gli scontri e di aver visto un ragazzo con la testa fracassata. Mi viene in mente uno dei nostri che ha rischiato brutto durante la stessa carica, un poliziotto gli ha lanciato un sasso che gli ha sfiorato la testa.

Arriva la notizia
Il corteo si ricompatta. Mentre sfiliamo, le persone affacciate alle finestre ci salutano. Davanti a i nostri occhi, i primi segni evidenti delle devastazioni: cassonetti rivoltati, macchine bruciate, una filiale della banca San Paolo completamente distrutta.
Siamo all'incrocio con via del Castoro. Andrea sta al telefonino, ci fanno cenno di fermare il corteo. Ci sediamo tutti sulla strada. Arriva la notizia "Un ragazzo è morto durante gli scontri a Corso Buenos Aires. Sembra che gli abbiano sparato un candelotto in faccia. La polizia sta tentando di incolpare dell'assassinio i suoi compagni". Scende il gelo e il silenzio. I brividi, una ragazza piange. Poco dopo arriva la notizia che la polizia ha sparato con una pistola. Non riesco a crederci. La tensione é altissima e si sfoga in un silenzio irreale che accompagna il corteo fino a un altro grande incrocio.

h. 19. Ho perso completamente la concezione del tempo. Le ore si dilatano. Sembra di essere qui da un mese. Non possiamo muoverci da questo incrocio. La polizia non ci vuole far passare. L'elicottero vola basso. Gli scontri sono ancora violentissimi a poche centinaia di metri. Si alza una colonna di fumo. Partono una quindicina di blindati dei carabinieri a tutta velocità, incuranti delle persone in mezzo alla strada. Un ragazzo rischia di finire sotto, un altro lo prende al volo, un altro ancora tira qualcosa contro il cellulare. Un carabiniere seduto sul blindato, con un sorriso sprezzante, ci fa un cenno con la mano a voler dire "veniamo dopo a spaccarvi la faccia". In quel momento mi rendo conto di come i carabinieri abbiano perso la testa. Una ragazza scoppia in un pianto nervoso. Sale la rabbia per una situazione assurda.
Poco dopo, l'ennesima carica, stavolta blanda. Ci dividiamo, ci spostiamo in un altro incrocio. Incontriamo un altro minicorteo piuttosto nutrito, ci uniamo a loro e finalmente riusciamo a incamminarci verso Piazza Kennedy. Lungo la strada, un cellulare dei carabinieri sta finendo di bruciare. Segni di guerriglia ovunque.

I rastrellamenti
Nella piazza dei dibattiti del GSF, finalmente ci possiamo riposare. Migliaia di persone cercano di riprendersi da una giornata pazzesca. Cala la notte e gli elicotteri puntano i fari dall'alto contro di noi. Le voci si rincorrono: "Meglio rimanere a dormire qui e non tornare ai campi". "Non uscite in gruppi piccoli". "La polizia sta facendo dei rastrellamenti". Una notizia riguarda l'assenza di mezzi di trasporto per tornare a Sciorba. Finalmente, verso mezzanotte si riescono ad ottenere dei bus navetta.
Sulla parete di un bagno chimico un anarchico spagnolo ha scritto: "Odio il mondo come me stesso. Sangue e violenza".
La notte, allo Sciorba, una grande assemblea rivela posizioni nettamente contrastanti. Si accendono discussioni molto animate fra i pochissimi che vorrebbero rispondere con la violenza alla violenza della polizia e la maggioranza, che vuole manifestare in modo deciso e pacifico per le libertà democratiche.
Mi addormento con un nodo alla gola.

La manifestazione viene spezzata nel sangue
Sabato 21 luglio. h. 15,30/16. Abbiamo la sfortuna di trovarci nel terzo spezzone del corteo. Ad un incrocio sul lungomare, siamo costretti a fermarci. Decine e decine di cellulari schierati bloccano la strada che sale. Di fronte, un cordone di manifestanti con il casco e gli scudi rivolti nella nostra direzione. A sinistra, il mare. Parte improvvisamente una carica violentissima della polizia. Dobbiamo correre indietro. Siamo rimasti in 6 nel nostro gruppetto. Riusciamo ad infilarci in una strada laterale. Dopo una mezz'ora proviamo a tornare per un'altra via. C'è una ragazza distesa sul marciapiede. Ha una ferita profonda in testa da cui esce molto sangue. È in evidente stato di shock. Il ragazzo che le tiene il braccio dice che le è arrivato un lacrimogeno in testa. Niente di più plausibile dato che li hanno sparati dai palazzi e, sembra, anche dagli elicotteri. Arriva un'ambulanza e la ragazza non vorrebbe salire perché in ospedale la denunceranno sicuramente, come viene fatto per tutti i feriti.
Più tardi verremo a sapere che dalle cariche sul lungomare i feriti sono stati decine e decine. E che i manifestanti sono stati bloccati vicino al mare per ore.

L'oasi nella guerriglia
Decidiamo di sfidare la sorte e di dirigerci verso piazza Ferraris, dove si dovrebbe concludere la manifestazione. Camminando per le strade di Genova, sembra di essere in un paese in guerra, dove regna il caos.
Un ragazzo e una signora chiedono di venire insieme a noi. Siamo in 8. Ad un crocevia passano lentamente delle camionette. Una si ferma, e il poliziotto ci punta contro il fucile, prendendo la mira, come fosse un gioco. Tutto sotto controllo, diranno poi il vicequestore, Berlusconi e il ministro Scajola.
Troviamo un bar aperto, sembra un'oasi nella guerriglia. I gestori sono gentilissimi.
Attraversiamo un dedalo di stradine, dove la gente cammina sparpagliata, in fila indiana, a gruppetti, in direzioni opposte, con l'onnipresente rumore degli elicotteri e il fumo che si alza ogni tanto in mezzo ai palazzi.
Giungiamo a Piazza Ferraris verso le 18,30. È rimasto soltanto un centinaio di persone disseminate qua e là, in procinto di andar via. All'improvviso la polizia carica con i lacrimogeni, mandando le camionette a tutta velocità. Ancora una volta non si capisce perché. Dobbiamo correre a perdifiato.
Alle 23,30 riusciamo a partire con un treno speciale da una Brignole stracolma di persone stanche, incazzate, ferite nel fisico e nel morale.

Il ministro Scajola difende ed elogia l'operato delle forze dell'ordine. Spero che la prossima volta si trovi casualmente a passeggiare per strada con un carabiniere che gli punta il fucile contro e prenda la mira, con un altro che tenti di investirlo con la jeep e lo minacci, e con un altro ancora che gli dia una manganellata in testa alle spalle, com'è capitato a tanti manifestanti pacifici.

 


So che posso dire di essere fortunato, un po' di gas lacrimogeno in fondo ti fa pure gli occhi più belli

di Davide

Lungomare - giornata splendida, troncone di corteo di almeno centomila persone - slogan, ma anche canti, una coppia di anziani ci innaffia con gli idranti e riempie incessantemente bottiglie d'acqua fresca (grazie Geno va!). Poi tutti fermi, seduti mani in alto, telefonini che anunciano scontri un po' più avanti, si canta più forte, si battono mani, elicotteri - polizia? carabinieri? fa differenza?

Tre/quattro persone a metro quadro, non possono lanciare lacrimogeni potrebbe essere una strage di panico. Invece sì: Puff, puff: tutti in piedi, occhialetti, limoni, acqua spruzzata, niente panico, bastardi, basta!

Puff puff: ci si abbraccia, si tossisce, una signora tipo mia nonna va in giro spruzzando acqua fresca in faccia a tutti, sembra la fata buona delle favole.
Non ci sono vie di uscita - dove diamine vogliono che andiamo: s'imboccano strade laterali: puff puff errato - si paga pegno, altre lacrime, occhi sempre più
belli.

E così via...

Se non ricordo male uno dei peccati puniti nell'inferno di Dante è quello di "matta
bestialitade". Non ho mai capito bene che cosa significasse nonostante le chiose argute di dotti commentatori: adesso grazie al comportamento incivile e fascista delle forze dell'"ordine" l'ho capito. Non saprei spiegarlo ma l'ho capito.

Devo ringraziarli?

 


Scacco Matto

Come l'assedio alla zona rossa si è trasformato in  una partita a scacchi.

di Caterina

Venerdì 20. Giornata di assedio al vertice dei potenti, barricati all'interno della gabbia "zona rossa". Fin dalla mattina presto i gruppi preparano le diverse azioni da svolgere a ridosso delle reti. Ognuno con le sue modalità. Noi siamo in Piazza Manin, assieme alla  Rete Lilliput ed associazionismo vario. Si sta preparando un corteo che sfilerà per poche centinaia di metri fino alla chiusura dove sono previsti sit-in ed Azioni Dirette Non Violente. La tensione è alta, la radio trasmette le notizie dei primi scontri in altre piazze, ed in fondo al viale da percorrere, prima della rete, c'è uno schieramento di polizia non previsto. Verso l'una il corteo si mette in movimento, procede molto lentamente e dopo pochissimo tempo si arresta. Da una traversa arriva il corteo dei Pink, i gruppi pacifisti stranieri molto colorati e rumorosi. Li seguiamo fino all'adiacente piazzetta dove la polizia controlla gli accessi ma non è schierata davanti alle grate. Cominciamo a far rumore battendo le mani sulle reti, un ragazzo si
arrampica con un mazzo di fiori, un'altra ragazza sale di un metro, l'atmosfera  è allegra, nessun colpo di mano è nell'aria. Dall'altra parte della rete partono gli idranti, poi i lacrimogeni. Perché? La gente si disperde per un attimo poi si raggruppa di nuovo. Ricomincia la musica, balliamo tutti, chi davanti alla rete, chi di fronte alla polizia che chiude gli accessi alla piazza. Siamo in un budello ma al momento nessuno sembra pensarci. Alcuni sono seduti con le mani alzate davanti agli schieramenti. La polizia arretra leggermente, la gioia per quella che sembra una microscopica vittoria fa aumentare l'euforia, il volume della
musica sale, chi non ballava si unisce alle danze. Cinque minuti e partono i lacrimogeni, tanti, immotivati e terribilmente forti. Perché? Il nostro gruppo resta diviso una parte ancora nella piazza e gli altri nella strada di accesso, alle spalle della  polizia. Ci rincontreremo solo dopo diverse ore. Ci rifugiamo in un vicolo che sale a recuperare il respiro. Discutiamo sul da farsi. Sentiamo gli altri che nel frattempo sono tornati a Piazza Manin, sembra che gli "uomini mascherati"  si stiano dirigendo  nella
nostra direzione. Realizziamo che siamo in un budello. Decidiamo di raggiungere gli altri velocemente. Risaliamo la strada del corteo ed entriamo nella piazza esattamente nel momento in cui arrivano i neri inseguiti dalla polizia. La polizia si ferma nella piazza e manganella a destra e sinistra compresa la gente seduta a terra con le mani alzate. I blocker (?)  scendono indisturbati verso la zona rossa, la piazza si riempie di fumo, la polizia continua la carica. Scacco Matto! Questa è stata la strategia utilizzata dalla polizia per difendere la zona rossa: creare il fenomeno "Black Block" (ma do dove sò usciti tutti questi?), spostarli  da una parte all'altra della città usandoli per impedire a tutti di manifestare il proprio dissenso. Per impedire l'annunciato assedio. L'ordine pubblico non era importante, l'obiettivo della polizia non era impedire che la città fosse distrutta ma semplicemente creare il  panico all'esterno per minimizzare il "disturbo" del vertice e poter colpevolizzare tutto il movimento. Fuori era guerra e dentro nessuno se n'è accorto, nemmeno a ridosso delle reti.  Scacco matto! Genova è stata sacrificata per un'astuta strategia politica. Scacco Matto! Ora siamo tutti terroristi. Scacco matto! Di fronte al terrorismo ci vuole la mano pesante.
Scacco matto! Siamo al fascismo. Scacco matto!
 
 

 


Una mattanza di inaudita violenza

La manifestazione di sabato, ancor prima che essere contro il G8, era una manifestazione fortemente voluta per poter affermare il diritto di parola.


di Massimo e Marta

E' stata una mattanza di inaudita violenza, che la polizia e company hanno compiuto scientificamente sicuri di avere in tasca, sulla punta del manganello, nel fucile, nel caricatore delle pistole una vera e propria IMPUNITA' politica e giuridica. Un impunità ampia, degna delle dittature sudamericane, o forse anche più ampia, visto che nel nostro paese non sono ancora state sovvertite tutte le garanzie democratiche.Ma è una impunità che si trascina con sé delle forti responsabilità politiche.
Quella della destra tutti le conosciamo, e non ci meravigliamo di averle viste in opera.
Ma non sono le uniche, e forse neppure le più importanti. Le maggiori pendono sul capo dei partiti e partitini del centro sinistra, in particolare dei democratici di sinistra e dell'ulivo. Si può pensare che quello che la polizia ha potuto fare trovi un brutto
ricordo nelle manifestazioni di piazza degli anni sessanta. Ma non ne siamo proprio convinti.
Allora "l'ordine pubblico" era in mano ad un apparato di governo che contava, agli inizi degli anni sessanta, 62 prefetti su 64 di prima classe, 64 su 64 di seconda, 241 vice prefetti su 241, 7 ispettori generali su 10, 135 questori su 135 questori, 139 vice questori su 139 vice questori, che avevano iniziato i primi passi della loro carriera sotto il REGIME FASCISTA.
Ma a Genova, e ancora prima a Napoli, l'ordine pubblico è stato gestito da prefetti e questori nominati durante il Governo di centrosinistra. La pianificazione della "strategia della sicurezza" è stata discussa fino all'altro ieri da ministri del centro sinistra.
Credo quindi che non sia la stessa cosa.Ma allora perché la mattanza e il macello è potuto arrivare fino a tanto?
Al di là di chi l'ha materialmente eseguito, credo che ciò sia stato il frutto anche della scellerata scelta dei DS di tirarsi indietro, di non essere presenti, di voltarsi d'altra parte, anche quando bisognava ancor di più aprire gli occhi.
Un sporcaccionata difficile da comprendere. La manifestazione di sabato, ancor prima che essere contro il G8, era una
manifestazione fortemente voluta per poter affermare il diritto di parola - di contare come cittadini - e tutto ciò era diventato tragicamente ancora più chiaro dopo l'omicidio di venerdì. Una manifestazione che aveva in sé il richiamo e la riaffermazione dei
nostri valori democratici, i quali ben sappiamo non si possono mai dare per scontati, ma devono essere sempre riaffermati, garantiti e vigilati. Rispetto a ciò i DS invece di scendere in piazza con il movimento, invece di  partecipare con 20/30 parlamentari alla manifestazione (in funzione di osservatori, visto che hanno tanto amato farlo, quando governavano, in giro
per il mondo), invece di garantire anche con la loro presenza il pacifico svolgimento, hanno preferito voltare le spalle.
E così la loro scelta, ai limiti della connivenza, o se non altro della stupidità politica, ha consegnato, se mai ce ne fosse stato bisogno, ancora maggiore impunità ai tutti i macellai, a quelli con il volto coperto di maschere nere e a quelli che, invece di agire in nome della sicurezza, hanno scientemente percorso la strategia della violenza e delle violazioni di tutti i diritti costituzionali.
D'altronde, e qui la storia insegna, simili atteggiamenti di irresponsabilità politica hanno permesso negli addietro alla Spagna di
essere violentata dalla furia franchista e al Cile di Allende di morire sotto i colpi di una sanguinaria dittatura.
Cosa altro dire?
 

 


Come screditare un movimento pacifico

Le forze di polizia sono rimaste deliberatamente inerti di fronte alle razzie criminali degli anarchici, attaccandoli solo nei momenti in cui questi decidevano di andare a mescolarsi  nel corteo. In tal modo sono stati oggetto di repressione violenta persone totalmente pacifiche e appartenenti ai movimenti non violenti.


di Francesco

Desideravo esprimere la mia amarezza e la condanna per le violenze di questi giorni, ma anche la ferma riprovazione per l'atteggiamento tenuto dalle forze dell'ordine. Come simpatizzante del movimento di Pax Christi Italia ho partecipato alla manifestazione di sabato 21 con la Rete di Lilliput di Cremona (insieme ai Circoli di Rifondazione Comunista di Crema e Cremona). Sono rimasto tutto il tempo nella coda del corteo, nel terzo troncone cui non e' stato consentito di arrivare a Marassi ed e' stato respinto verso Nervi. La testimonianza che posso dare e' che a meta' della manifestazione,
siamo stati fatti retrocedere in seguito ad incidenti avvenuti piu' avanti ed abbiamo dovuto percorrere a ritroso Corso Italia. Per impedire infiltrazioni degli anarchici abbiamo formato un cordone umano e la situazione si e' prontamente rasserenata. Mentre eravamo seduti in tranquillita' (c'erano vicino gruppi di pacifisti, verdi, le ACLI, ragazzi con le bandiere sarde e un gruppo
portoghese), dagli elicotteri e dalle colline circostante sono piovuti lacrimogeni, lanciati dalla polizia in modo del tutto gratuito ed immotivato. Questo ha provocato il panico generale e ci siamo dispersi in fuga sotto la  spinta dei ragazzi che ci stavano dietro, probabilmente inseguiti dalla polizia e tra cui non erano comunque presenti anarchici del blocco nero.
Nel corso della serata ho potuto raccogliere testimonianze di numerose persone (fra i quali quella preziosa di un prete, estraneo al movimento e presente per caso nella zona del corteo in quanto si recava ad una estrema unzione  in una clinica) che mostrano come le forze di polizia siano rimaste deliberatamente inerti di fronte alle razzie criminali degli anarchici, attaccandoli solo nei momenti in cui questi decidevano di andare a mescolarsi  nel corteo. In tal modo sono stati oggetto di repressione violenta persone totalmente pacifiche e appartenenti ai movimenti non violenti. E' chiaro che lo scopo delle forze dell'ordine era quello di screditare un  movimento vasto, pacifico e che proponendo una valida alternativa ai modelli  esistenti e' considerato un pericolo per gli attuali governi.
Chiedo scusa per la scarsa brillantezza della mia esposizione ma desideravo fornire al piu' presto la mia testimonianza sui drammatici fatti di questi giorni.
 

 


Genova: la polizia fa il saluto romano

Una lunga e attenta testimonianza delle giornate di Genova. Una serie impressionante di episodi che confermano ancora una volta il comportamento estremamente violento delle c.d. "Forze dell'ordine".


di Chiara

Carissimi amici, amiche, parenti, professori, conoscenti e sconosciuti, con questa lettera voglio raccontarvi cio' che ho vissuto a Genova in prima persona nelle giornate del 19, 20, 21 luglio.
Lo sgomento per ciò che è successo è grande, ma cercherò di dare la mia testimonianza nel modo più lucido e ordinato possibile.

Cos'è successo? Cos'ho visto?
Ho visto la polizia prendere a botte indiscriminatamente e senza ragione donne, anziani, ragazze e ragazzi mentre una banda di teppisti devastava indisturbata la città.
Ho visto volontari del corpo medico del Genoa Social Forum (G.S.F.) finire all'ospedale per le manganellate ricevute, ho visto fotografi a cui sono state distrutte le macchine fotografiche perché avevano scattato immagini scomode.
Ho visto i media che "informavano " i cittadini dando solo notizie parziali dell'accaduto: solo teppismo, solo distruzione.
In tv hanno forse fatto vedere immagini del meraviglioso corteo del 19?
Dovete infatti sapere che in quel giorno si è svolto il primo corteo organizzato dal G.S.F.(l'insieme di organizzazioni, e associazioni che hanno gestito CORAGGIOSAMENTE E COSTRUTTIVAMENTE  la protesta che avrebbe dovuto essere ordinata e pacifica durante lo svolgimento del G8).
Il corteo dei migranti ha sfilato ordinatamente e pacificamente: 30.000 persone tra associazioni, organizzazioni di ogni paese, gente di ogni età (c'erano madri coi bambini e molte persone anziane), hanno fatto una grande manifestazione.
Una festa di colori e musiche che passava per le vie della città accolta dal saluto gioioso e dalle mutande dei genovesi (il capo del governo, mentre allestiva la città fantasma che avrebbe ospitato il summit, ha espresso il suo ribrezzo nei confronti del scarso gusto estetico mostrato dai genovesi nello stendere la biancheria ai propri balconi).
Ecco un episodio che può rendere l'atmosfera che si respirava in quei momenti. Il corteo avanzava molto lento, per il gran numero di persone che lo componevano, ad un certo punto la parte in cui suonava una delle tante bande si è fermata sotto una finestra dalla quale era affacciata un'anziana signora che gioiosa ci salutava e batteva le mani al tempo della musica: lei ci sorrideva e noi tutti la salutavamo, sembrava che la banda stesse suonando solo per lei…
Tengo a sottolineare che in diversi punti il corteo ha tranquillamente sfilato di fronte a schieramenti di centinaia di poliziotti con fucili caricati, a lacrimogeni puntati (d'ora in avanti li chiamerò semplicemente fucili), ma non è successo nessun disordine. Perché? Perché noi non avevamo nessuna intenzione di disturbarli, perché cordoni di volontari del G.S.F. che si tenevano per mano ci indicavano il percorso da seguire e perché evidentemente per quel giorno la polizia non aveva ricevuto ordini di caricare senza motivo la folla inerme (COSA AVVENUTA NEI DUE GIORNI SUCCESSIVI)
Nel tardo pomeriggio il corteo è arrivato in Piazzale Kennedy, dove la musica e le danze sono proseguite ancora fino a tardi.
Per la giornata del 20 non era previsto nessun corteo ne' alcun incontro presso il Global Forum (lo spazio dove dal 15 si sono tenute numerose conferenze, su temi riguardanti lo sviluppo, l'ambiente, la finanza da rappresentanti di importanti associazioni): erano previste diverse forme di protesta in vari punti della città.
Ciò significa che c'era chi, come i pacifisti, è stato sdraiato tutto il giorno con le mani dipinte di bianco in piazza, c'erano le cosiddette piazze tematiche (gestite dal comitato degli agricoltori, dalle botteghe del commercio equo e solidale..),  c'erano spettacoli, balli giocolieri e danze e c'era anche chi faceva disobbedienza civile (la "disobbedienza civile" è un termine base della tradizione non violenta: si disobbedisce ad una legge per manifestare il proprio rifiuto radicale di un'ingiustizia, fosse pure legalmente perpetrata: in questo caso si protestava con la mancata libertà di manifestazione e di movimento all'interno della città genovese).
Tengo a specificare che il 20 è il giorno in cui è stato ucciso Carlo Giuliani (primo episodio di disinformazione feroce da parte dei media: prima ancora che si conoscessero le generalità del "morto" già si inventavano false storie sul suo conto: vorrei sottolineare che NON si trattava di un vagabondo, che NON viveva di elemosina, e NON aveva in mano una bombola del gas, bensì un estintore. Non sono assolutamente d'accordo con quello che ha fatto, ma non è un buon motivo per lasciare che la gente racconti menzogne)
Ecco come l'ho vissuto io: verso le undici io e i miei 5 compagni ci siamo diretti con un corteo pacifico, formato in gran parte da francesi del gruppo ATTAC (che lotta per la cancellazione del debito e per la Tobin Tax) e siamo arrivati in piazza Dante.
Era impossibile raggiungere altri punti della città (ad esempio la piazza dei pacifisti e del movimento delle donne) perché le forze dell'ordine avevano creato barricate di container all'interno della città (sottolineo che ciò è stato fatto in aree che non avevano niente a che fare con la zona rossa: un ulteriore insulto alla libera manifestazione e alla libera circolazione)
La situazione in piazza Dante era la seguente: giungevano notizie (provvidenziale è stato il mancato temuto oscuramento della rete mobile) di scontri in tutte le altre parti di Genova, di delinquenti che liberamente scorrazzavano per la città devastandola mentre tutti i lacrimogeni e manganelli erano riservati per gente inerme che passava nelle vie sbagliate al momento sbagliato.
Dei miei amici si sono mossi da Piaza Dante per tentare di andare a vedere la situazione altrove: quando ci siamo rincontrati nel corso del pomeriggio erano terrorizzati: entrati in una via si sono ritrovati tra gente che scappava spaventata dietro a un massiccio gruppo di poliziotti con manganelli e lacrimogeni. Erano in 4: tre sono riusciti a scappare di corsa, uno è rimasto incastrato tra le macchine con altri ragazzi. "Le due ragazze di fronte le hanno massacrate di botte" mi ha raccontato. Lui è stato gettato a terra e s'è preso una manganellata sulla spalla.
In piazza Dante intanto a noi succedeva questo: dopo essere arrivati cantando slogan come "Genova libera" o "Le monde n'est pas une marchandise": ci siamo trovati di fronte ad una lunga rete metallica che chiudeva un intero lato della piazza e la via che da essa partiva, dall'altro lato portici chiusi. Un imbuto la cui unica via d'uscita era via fieschi, la strada in discesa da cui siamo arrivati in corteo (sulla piazza in realtà arrivava anche una galleria, davanti alla quale un cordone di volontari del G.S.F. bloccava il passaggio ai manifestanti spiegando che giù di lì si andava in direzione degli scontri)
Li' in piazza invece la realtà degli scontri sembrava veramente lontana: un furgone dell'Arci aveva messo la musica e la gran parte dei presenti ballava festosa.
Altri dipingevano con pastelli colorati le grate oltre le quali alcuni poliziotti ci guardavano incarogniti (credo che inevitabilmente si rendessero conto della situazione paradossale in cui si trovavano: sembravano animali in gabbia), altri appendevano striscioni alle grate, altri lanciavano aereoplanini di carta, altri li infastidivano armati di luce (ovvero rivolgendosi verso di loro con degli specchi) altri grattavano le reti con delle bottiglie di plastica in segno di protesta.
E li' si sono viste le prime provocazioni da parte della polizia (scusate se li chiamo genericamente così, ma a sentire parlare di "forze dell'ordine " mi viene il voltastomaco): idranti su di noi (io ero dietro a ballare) e spray al peperoncino a chi era vicino alle grate (lo spray al peperoncino è una sostanza che irrita la pelle, gli occhi e le vie respiratorie anche per 30 minuti).
 Uno di loro si è avvicinato alla rete metallica sorridente con le mani dietro la schiena e poi lo ha spruzzato verso i ragazzi con le bottiglie di plastica.
Grande momento è stato (non riesco a dare coordinate temporali precise perché sembrava di essere in un'altra dimensione) quando un enorme serpentone di palloncini è stato fatto passare dall'altra parte delle grate (non pietre, non spranghe: palloncini!!!)
Più tardi quattro persone sono riuscite a scavalcare per un momento le reti, ma io non ho visto quel momento e non posso raccontare come sia andata.
In quei momenti Agnoletto (portavoce del G.S.F.) ci ha invitati al massimo ordine possibile, ricordandoci che quella piazza-imbuto non poteva assolutamente permettere un'incursione nella zona rossa (che comunque era decisamente più in là delle grate).
Poi il mio gruppetto ha deciso di andare a vedere com'era la situazione altrove e abbiamo risalito via Fieschi: in piazza carignano c'era la banda, balli e giocolieri. Cerchiamo un bagno, arriviamo fino al belvedere S.Chiara, dove usiamo i servizi dell'ospedale.
Intanto arrivano di continuo ambulanze: gli avvocati volontari del G.S.F. si offrono a raccogliere le testimonianze dei feriti (quelle stesse testimonianze contenute nei file che la notte del 21 sono stati distrutti nei computer delle sedi del G.S.F dove si è svolto l'agguato della polizia).
C'è un medico del servizio sanitario volontario del G.S.F. con gli abiti imbrattati di sangue e una grossa garza sulla nuca. Racconta di essere stato ridotto in quel modo mentre si  è buttato a difendere un altro collega medico (che noi non abbiamo visto li' fuori, probabilmente era dentro in condizioni più gravi). I due erano ai lati di un corteo che è stato caricato, e vi sono rimasti mentre la polizia avanzava in modo da soccorrere i manifestanti, ma la polizia si è accanita anche contro di loro insultandoli nonostante urlassero di essere dei medici.
Sentendo notizie di scontri ovunque, testimoniati da nuvole di fumo dei lacrimogeni che si alzavano in diverse parti della città, udendo che i black block riuscivano a raggiungere con straordinaria efficienza ogni piazza provocando l'assalto feroce della polizia su tutto il resto dei manifestanti, ci ridirigiamo verso Piazza Dante.
Siamo stati li' per un po', poi Agnoletto ha fatto un discorso che aveva tanto il sapore di consolatorio "Abbiamo, vinto, possiamo radunarci con gli altri manifestanti in piazza Carignano e proseguire tutti insieme in corteo fino a piazzale Kennedy dove faremo il quadro della situazione".
Mentre ci si mobilita tranquillamente verso via Fieschi, salutando con la manina i poliziotti in gabbia, fieri di essere l'unico punto in tutta la città dove non sono avvenuti disordini e dove è stata simbolicamente penetrata la città proibita, partono senza nessuna sensata ragione i lacrimogeni e le cariche: come già sottolineato nella piazza una sola era la via di fuga , stretta e in salita. Le cariche hanno gettato i manifestanti nel panico più totale, le tanto ironizzate "attrezzature del perfetto manifestante" (occhialini da piscina, mascherine, foulard bagnato con l'aceto, limoni per soffocare la nausea) si sono rivelate provvidenziali: chi non li aveva sbandava alla rinfusa piangendo e tossendo, i gruppi si disperdevano.
Man mano che si saliva verso piazza carignano, la situazione si placa, il nostro gruppetto si riforma, nella piazza si forma il corteo, nonostante l'indignazione per la carica GRATUITA, ricomincia il clima di festa pacifica con gli slogan, i balli e la musica. Confluiamo a piazzale kennedy passando civilmente di fianco al quartier generale della polizia (un immenso panorama di macchine, camionette, autoblindi, RUSPE-!-blu).
Lungo la strada sono evidenti i terribili atti vandalici perpetrati durante la giornata dalle "tute nere": straordinaria, ripeto, la loro capacità di muoversi liberamente in una città piena di barricate e raggiungendo miracolosamente ogni protesta pacifica, mentre nessun manifestante riusciva oggettivamente a spostarsi da una zona all'altra, e dando casualmente la scusa alla polizia di fare cariche ovunque. Un ragazzo mi ha raccontato di aver visto poliziotti che senza nessun ritegno sradicavano e travolgevano banchetti del commercio equo e solidale.
In piazzale Kennedy è stato molto difficile condurre l'assemblea: tutti siamo state vittime di cariche immotivate o provocate dal passaggio fantasma delle tute nere, e ormai la notizia della morte di Carlo Giuliani si è sparsa ovunque. Giungono voci che continuano ancora cariche in non so quale parte della città, c'è chi incita ad andare ad aiutare, un mediatore del G.S.F. invita a mantenere la calma. Restare calmi è stato veramente molto difficile per diverse ragioni.
In primo luogo un elicottero enorme della polizia che girava su di noi facendo un rumore veramente snervante che impediva a chi parlava di essere ascoltato (N.B. il rumore degli elicotteri sulle nostre teste è stata una costante per tutta la permanenza a Genova, e inquieta il mio poco sonno ancora adesso).
In secondo luogo perché mentre la polizia era costruttivamente impegnata a disturbare il nostro comizio o a caricare manifestanti altrove, "qualcuno" ha appiccato fuoco a una banca su corso Italia (e tutto il movimento era li' seduto ad ascoltare l'assemblea)
Infine lo sdegno più grande è stato provocato dalla notizia che 5 minuti dopo che Agnoletto aveva riconfermato la manifestazione dell'indomani, incitando a mantenere i propositi di calma e rispetto della città di fronte alle provocazioni della polizia, il tg3 aveva detto che lo stesso Agnoletto aveva appena disdetto la stessa manifestazione: svista o  disinformazione volontaria?
Man mano che l'assemblea si disperde si tentano di racimolare testimonianze e racconti sulla giornata, si rimane delusi dai telegiornali che fanno vedere solo i Black Block che devastano (COM'è CHE NESSUNO LI HA MAI VISTI,MA NEI TG APPAIONO SEMPRE IN POSE SCENOGRAFICHE ED ESTREMAMENTE FOTOGENICHE?) e nulla di tutte le manifestazioni costruttive, festose e pacifiche che nonostante tutto si erano svolte durante la lunghissima giornata del 20.
Per non parlare delle obbrobriose strumentalizzazioni da parte dei vertici della "sicurezza" dell'assassinio di Carlo Giuliani.
La sera la gente è costretta a raggiungere i propri centri di accoglienza a grossi gruppi, scortati dagli avvocati del G.S.F.: DEI CIVILI COL TERRORE DI MUOVERSI DA SOLI DI NOTTE PER PAURA DI ASSALTI DELLE FORZE DELL'ORDINE ITALIANE!
Sabato 21 il corteo era previsto per le due, ma già verso le 11,30, una grande folla si dirigeva verso la piazza di ritrovo: c'era talmente tanta gente che alcuni gruppi non sono nemmeno riusciti a partire dall'ufficiale punto d'inizio del corteo. Ci si muove piano piano, i genovesi ci distribuiscono bottiglie d'acqua e ci bagnano come possono per rinfrescarci, rigoroso è stato il servizio d'ordine organizzato dal G.S.F., nel tentare di fare quello che sarebbe stato compito della polizia: allontanare i violenti.
Si tentava di stare in gruppi compatti, ai bordi si stava per mano per non fare infiltrare nessuno.
Noi ci trovavamo nella famigerata metà del corteo.
Ecco quello che non ho visto, ma a cui credo,  per le numerose testimonianze  di amici (ma anche quella di Don gallo). Mentre la polizia si era schierata di fronte ad un corteo PACIFICO ED UFFICIALMENTE AUTORIZZATO e Agnoletto è andato a trattare perché si potesse proseguire lungo il percorso stabilito (inspiegabilmente intasato da un immenso schieramento di polizia) sono sbucate le tute nere infiltrandosi a metà del corteo, che nel frattempo era riuscito a proseguire la sua marcia. Cosi' il primo spezzone ha continuato lungo corso Torino ignaro di tutto, il secondo ha visto la polizia lasciar passare le tute nere (un quotidiano dice che ciò è stato fatto PER NON GETTARE NEL PANICO IMANIFESTANTI!!!) e caricare il resto dei manifestanti con un vero e proprio assalto (il corteo è stato travolto da piazzale Kennedy fino all'altezza della caserma dei carabinieri: si tratta almeno di 500 metri).
Ecco quello che ho vissuto: il mio camper era parcheggiato in una discesa tra piazzale Kennedy e lo spiazzo del Global Forum (la vicinanza a quest'ultimo ci era sembrata una garanzia per l'incolumità del mezzo). Avvicinandoci a quella zona io e i miei compagni abbiamo deciso, vista la lentezza del corteo, di poterci permettere una pausa pranzo. Io e un altro dei 5 scendiamo al camper: il piazzale e tranquillo, c'è chi fa la doccia e molti manifestanti sono in coda a un chioschetto, c'è anche gente in spiaggia. Cominciano a piovere dalla strada dei lacrimogeni: un po' di panico, poi di nuovo quiete: il chiosco riapre e ricomincia a vendere viveri, non si capisce bene cosa succeda in strada.
Dopo un po' comincia una pioggia continua di gas lanciati ad altezza d'uomo da un elicottero che vola bassissimo su di noi (Una ragazza è stata colpita alla fronte!): io e il mio amico ci chiudiamo in camper, giù dalla salita scende una fiumana di gente terrorizzata che urla "Arrivano, arrivano!", passano anche i nostri amici, dopo un attimo di esitazione lasciamo il camper.
Usciti siamo immersi in una pioggia di gas, corriamo accecati sul piazzale del global forum (Luogo pubblico e zona neutrale), dove ci attende una scena spaventosa. Gli astanti sconvolti (pensate ai poveri bagnanti che sono stati coinvolti in questo putiferio!) si dicono "Questi sono dei folli!" e assistono ad uno scenario che sa tanto di Cile: SULLA STRADA le tute blu (cioè la polizia) marciano in squadroni sulla strada da loro efficientemente sgomberata e pigliano a botte i malcapitati che non sono ancora riusciti a scappare (ricordo che ho visto sfilare in corteo GENTE IN CARROZZINA E PERSONE IN STAMPELLE), ci sono autoblindi (praticamente dei carrarmati a cui manca solamente il cingolato) che dominano la strada con dagli oblo' i soliti fucili puntati verso chiunque, IN CIELO ancora l'elicottero che non si capisce bene se non lanci più fumogeni perché ha finito le munizioni o cosa (ma l'uomo che sbucava continuava a tenere il fucile puntato), IN MARE una quindicina di barche di ogni misura e colore (C'ERA PURE LA POLIZIA PENITENZIARIA!) che mostravano tutt'altra intenzione che voler accogliere a braccia aperte coloro che si erano rifugiati sugli scogli, LA SPIAGGIA  veniva velocissimamente invasa da uno stuolo di polizia.
Insomma ASSEDIATI VIA TERRA, CIELO E MARE DALLA POLIZIA ITALIANA IN UN LUOGO PUBBLICO E SENZA RAGIONE!
La gente continuava a saltare giù dai muretti, terminati i lacrimogeni i più spaventati  alzavano le mani al cielo in segno di resa (A CHI E PER COSA?) e i più indignati applaudivano ironicamente e gridavano "Bravi" a questi superman in blu che hanno badato talmente bene all'ordine pubblico e alla nostra sicurezza da disperdere un corteo pacifico in un punto del percorso dove CASUALMENTE NON C'ERANO VIE D'USCITA.
Abbiamo veramente temuto che ci caricassero, menassero e portassero via: e cio' non è successo a noi, ma chi è fuggito verso la città e non verso il mare si è visto braccare e malmenare dalla polizia.
Diverse le testimonianze di questi episodi sentite poi la sera alla radio :dei ragazzi raccontano di essere riusciti a rifugiarsi dentro a un condominio e di avervi visto entrare pure una tuta nera, la quale ha preso l'ascensore. Quando questa è stata vista tranquillamente uscire anche loro hanno lasciato il condominio, ma a differenza di chi li aveva preceduti hanno trovato un gruppo di poliziotti che li ha malmenati.
Altri hanno raccontato, sempre alla radio di essere stati fatti inginocchiare con le mani dietro alla nuca, poi è stato detto loro: "avete tempo fino a tre per scappare: unoduetré" e sono stati picchiati.
Un altro signore era sconvolto, più che dalle botte da ciò che gli è stato detto da chi lo malmenava: "IL FASCIO E' TORNATO, BRUCIATE SPORCHI EBREI"
Noi invece siamo rimasti sul piazzale per un po' e poi abbiamo maturato la decisione, costi quel che costi, di tentare di proseguire il corteo. Saliamo i pochi scalini che ci separano dalla strada e troviamo ancora tensione: un ragazzo insulta la polizia, altri tentano di farlo tacere e lui risponde "No, non sto zitto, hanno menato mio fratello con un casco!". Arriviamo sulla strada: pieno di poliziotti con casco, manganello e scudo, dobbiamo vincere l'impulso di scappare alla loro vista e passargli davanti con le mani alzate come dei prigionieri di guerra (la mia unica impotente arma era uno sguardo inferocito, mi ripetevo a bassa voce la cosa che mi sembrava il più terribile insulto nei loro confronti: "Forze dell'ordine!" "Forze dell'ordine!"). Intanto un autoblindo  aveva avuto la brillante idea di ripulire la strada – ormai  deserta - sfasciando una macchina parcheggiata e trascinandola verso di noi come un trofeo , mentre noi gli passavamo davanti a mani alzate (stile piazza Tien-a men, E NON ESAGERO).
Attraversata la strada, siamo su corso Torino: dove ci aspetta la visione paradisiaca di un furgone che distribuisce a noi che passiamo di corsa panini e acqua (Santo manuchao e santa comunità di S.Egidio!). Una ragazza in bici del G.S.F. ci chiede cosa è successo e ci dice di andare a sederci un po' più avanti insieme ad altri in attesa che ci lascino passare e proseguire il cammino. L'idea di andare a sederci proprio di fronte ad uno schieramento di poliziotti che ci sbarrava la strada, dopo ciò che avevamo appena passato, era un po' inquietante (RIDOTTI AD AVERE IL TERRORE DELLA PROPRIA POLIZIA SENZA AVER COMMESSO NESSUN REATO)
Miracolosamente ci permettono di passare, ci si disperde nelle viuzze tentando di capire la via più sicura per raggiungere lo stadio Marassi e piazza Ferrari, dove era previsto l'arrivo del corteo assalito: siamo decisi a raggiungere quel punto come gesto simbolico. In strada continua la tensione, ogni via verso la nostra meta è occupata da gente che arriva di corsa spaventata dalle cariche e dai lacrimogeni, "Non andate di li', stanno caricando!". Di continuo.
Di scaletta in scaletta, riusciamo a raggiungere piazza Ferrari, ci sembra la terra promessa, ci sediamo per terra come molti altri avevano già fatto e beviamo dell'acqua, degli addetti smontano il palco del G.S.F., si formano le code davanti ai chioschetti c'è un 'apparente atmosfera di normalità. Ma dal palco nuove grida "Arrivano!" ci giriamo e vediamo arrivare dal fondo di Corso Sardegna (credo si chiamasse cosi', mi scuso per la mancata precisione toponomastica) i soliti caschi, scudi, blindi e lacrimogeni, di nuovo di corsa per le strette vie. Raggiungiamo il piazzale dove sono radunati tantissimi pullman in attesa della partenza, ormai il corteo è ufficialmente sciolto, la gente arriva per andarsene.
Ci rendiamo conto che da li' a poco saremmo rimasti solo più in pochi in quella città impazzita: dobbiamo trovare un modo sicuro per tornare al camper. Inutili le richieste di un passaggio ai pullman, saranno pieni a breve e non hanno nessuna intenzione di accompagnarci verso la zona più devastata della città. Nel frattempo di nuovo, da una delle vie adiacenti al piazzale, al di la' del fiume li si vede arrivare: solita coreografia, solito disordine. Al telegiornale si dice che la carica e' stata motivata dal fatto che i manifestanti non se ne volevano andare!!! Tutti continuiamo a dirci che sono dei folli.
Formiamo un gruppo di anime perse che deve dirigersi verso il Kennedy, seguiamo un gruppo di gente che porta la bandiera della pace (sentirsi protetti da un pezzo di stoffa con un simbolo di fronte a migliaia di uomini armati autorizzati dallo stato a seminare il terrore nella città), chiediamo a dei membri del G.S.F. se ci possono regalare i loro cartellini distintivi (un ulteriore mezzo di difesa): rispondono amaramente che gli servono ancora e che con quelli addosso ce ne avrebbero date ancora di più, "Siamo pieni di colleghi all'ospedale".
Passiamo nella zona calda della stazione di Brignole, c'è tanta gente in attesa di capire come e quando prendere il proprio treno: arrivano intanto una ventina di camionette e altrettante jeep della polizia che si schierano di fronte alla folla esausta con fare minaccioso (ci sono i soliti fucili puntati ). Uno dei poliziotti, che sbucava su una camionetta, oltre a tenere il fucile è riuscito a fare il prode gesto di mostrare il dito medio agli astanti. Alcuni fischiano, altri applaudono ironicamente dicendo "Bravi, grazie, grazie!" I più tacciono terrorizzati (e io non capisco più il significato del termine DEMOCRAZIA).
Noi proseguiamo verso la nostra strada, decidendo che prima ce ne saremmo andati da li' meglio sarebbe stato, attraversiamo la strada mentre continuano ad arrivare automezzi della polizia. Uno dei conducenti mi fa degli apprezzamenti da Dongiovanni - diciamo così -, e io non capisco più il senso della parola GIUSTIZIA.
Raggiungiamo piazzale Kennedy, la zona è devastata. chissà da chi. Forse da quei giovani che sono stati visti da testimoni oculari zittiti e da telecamere sequestrate ricevere ordini dai comandanti della polizia?
Io questo non lo so perché non l'ho visto, so solo che prima un auto è stata maciullata sotto i miei occhi da un mezzo della polizia e non da un ragazzo vestito di nero. E, ciò che è più grave, ho visto al mio ritorno su quella stessa macchina un vessillo con scritte anarchiche, stranamente appetibile per i media pronti a piazzare le foto in prima pagina con titoli "Ecco le devastazioni operate dai pacifisti". E un po' lo stesso discorso delle pose eroiche di tipi incappucciati che trionfano su cadaveri di macchine, ma FATE ATTENZIONE: solitamente in un angolino sullo sfondo della foto c'è un poliziotto che non si sta bene cosa stia facendo…ah, dimenticavo, non interviene per non seminare il panico!)
Chiedo scusa, mi ero proposta di non fare commenti avvelenati, ma sorgono veramente spontanei..
Raggiungiamo il camper sano e salvo.
A poco a poco sembra tornare la normalità, gli elicotteri continuano a passare, ma man mano c'è il rientro dei genovesi.
Un boato ci fa trasalire, ci giriamo di scatto verso la direzione dalla quale proveniva il rumore: è solo un mezzo della nettezza urbana che ripulisce le strade. Ci guardiamo e ci rendiamo conto della tensione accumulata durante la giornata.
L'ordine apparente domina, la paura resta: in camper sentiamo alla radio le suddette testimonianze dei pestaggi , ma soprattutto che la polizia sta facendo irruzione in molti bar e pizzerie ad identificare ed arrestare persone.
Non ci resta che partire da questa città del terrore, DOVE ERAVAMO VENUTI PER MANIFESTARE PACIFICAMENTE LE NOSTRE SPERANZE IN UN MONDO MIGLIORE (uno degli slogan più diffusi era "Un altro mondo è possibile") E CI SIAMO TROVATI IN UNA REALTA' PEGGIORE DI QUELLA CHE POTESSIMO IMMAGINARE, TROPPO VICINA A QUELLA STUDIATA SUI LIBRI DI STORIA.
Nella notte che noi abbiamo passato a Recco (ogni auto ci sembrava un elicottero - e questo mi succede ancora oggi - chiudevamo gli occhi e vedevamo solo tute blu), è avvenuta la carneficina ai punti di accoglienza e al centro stampa (quelli che in televisione sentite definire come "Quartier generale del movimento dei violenti").
IO NON C'ERO, MA RAGIONO e penso che se non avessi avuto un camper ci sarei potuta essere io li' a dormire col saccapelo.
Ci sarei potuta essere mentre la polizia mi massacrava di botte per tentare di farmi sentire dai giornalisti, dai parlamentari, dagli avvocati del G.S.F. a cui casualmente era impedito di entrare, finche' non hanno visto uscire 90 feriti (uno è in coma).
IO NON C'ERO, MA RAGIONO, e vedo un assalto squadrista in seguito al quale casualmente sono state sequestrate (COME OGGETTI CONTUNDENTI!!!) tutte le macchine foto del servizio stampa del G.S.F., e i file che contenevano tutte le deposizioni fatte ai Giuristi Democratici.
Io (ma non solo io, sono molti i giornalisti che hanno visto la stessa cosa) delle armi inventate per giustificare una strage: dei pezzi di ponteggio, dei martelli e dei picconi da operaio trovati nella scuola, dove si stavano svolgendo dei lavori di restrutturazione! Ah! Dimenticavo, oggi al telegiornale hanno affermato che sono stati anche ritrovati ordigni chimici, immediatamente distrutti dagli artificieri.
Quando alla conferenza stampa  di ieri, dei giornalisti indignati hanno chiesto spiegazioni sull'inconsistenza di queste famigerate armi non è stata data loro alcuna risposta.
Ma il mio racconto finisce qui, queste sono cose che potete vedere in tv  su raitre, (probabilmente ancora per poco, visto che il governo ha prontamente chiesto le dimissioni dei dirigenti del telegiornale perché avevano osato criticare l'efficienza delle forze dell'ordine)
Vi ripeto solo che queste sono cose che ho trovato nei libri di storia…

Il 22 mattina compriamo il maggior numero possibile di quotidiani:chiedo ai miei amici che li stanno leggendo con sconsolata ingenuità "MA C'E' QUALCUNO CHE DICE LA VERITA'?"
Non ho ricevuto risposta.

p.s. aggiungo un aneddoto importante: ieri in autostrada il nostro camper è stato superato da una colonna di pulmini della polizia che rientrava da Genova: al vedere che uno di noi indossava la maglia del G.S.F. ci ha urlato qualcosa e ci ha fatto il SALUTO FASCISTA.
 

 


Gli assalti impuniti delle tute nere

La cronaca dell'assalto indisturbato del Black Bloc al carcere Marassi


di Cristiana

Il 20 luglio mi trovavo con due altri miei compagni in piazza Manin. Decidiamo verso l'una di andare a Piazza Dante e scendiamo con un autobus (linea 20) fino a via Canevari. Da lì tentiamo di raggiungere a piedi la zona della manifestazione di Rifondazione e Arci, cercando di passare sia da via Sardegna che da via Canevari. Facciamo diversi tentativi che ci prendono non so bene quanto tempo. Ci fermiamo e siamo costretti a tornare indietro a causa degli scontri che vediamo in lontananza e al fumo dei lacrimogeni che ci investe nel percorso. Mentre percorriamo  via Canevari notiamo un gruppo di blindati - 4 o 5 - e di carabinieri stazionare su Piazzale Marassi, all'altezza di via Ciavarezza, a protezione apparente del carcere di Marassi. Ci accorgiamo che gruppi di "tute nere" vengono nella nostra direzione e decidiamo di voltare, su indicazione di alcune avventori di un bar li vicino, per una rampa di scala con l'intenzione di tornare in Piazza Manin.  Affrontiamo la rampa insieme ad un gruppo di altri pacifisti più o meno nelle nostre condizioni. Decidiamo quindi di fermarci un momento e di riprendere fiato e ci fermiamo presso le mura di San Bartolomeo, proprio di fronte al carcere di Marassi. Dalla nostra posizione potevamo vedere perfettamente piazzale Marassi, l'edificio del carcere e via Mandoli verso il cimitero Staglieno. Potevamo inoltre vedere lo stadio ma non l'angolo fra via Ciavarezza e piazzale Marassi. Assistiamo quindi all'assalto di un gruppo di persone al carcere. Quando raggiungiamo il punto che ho indicato l'assalto era già iniziato e quindi non sono in grado di dire da dove provenissero le persone che vediamo all'opera. Nè sono in grado di dire se il gruppo di carabinieri che avevamo notato poco tempo prima fosse ancora al suo posto o fosse arretrata.
La scena si presentava ai nostri occhi così: vediamo un gruppo di blindati - 4 se non ricordo male - fermi, con i relativi "equipaggi", a via Rino Mandoli all'altezza di via del Mirto. Un gruppo di persone assaliva ripetutamente, lanciando oggetti, il portone e una finestra del carcere. Il gruppo agiva assolutamente indisturbato al punto che poteva permettersi di spaccare i vetri di una finestra, sistemarci degli oggetti e accendere il fuoco. I carabinieri, nel frattempo assistevano alla scena senza intervenire. Non posso dire con certezza in quanti fossero coloro che assalivano il carcere, sicuramente non molti in quanto il piazzale era totalmente sgombro e non c'erano assembramenti. La mia impressione e che fossero fra i dieci e i venti. Potevamo vedere due persone alla volta avvicinarsi all'edificio, lanciando oggetti e poi tornare indietro. Nel frattempo altri due o tre si avvicinavano, lanciavano e si ritiravano. Siamo rimasti a guardare per circa un quarto d'ora. Ci siamo poi allontanati, seguendo le mura insieme ad un altro gruppo di pacifisti provenienti da Piazza Manin.
 

 


Comodo il Black Block!

di Ernesto

Ero a Genova alla "grande e pacifica manifestazione di sabato". Non ero col Black Block, ma coi temibili Lillipuziani; ma
siccome vedo oggi, domenica, che secondo l'illuminante parere dei media a Genova c'era solo il G8 e fuori c'erano quattro
barbari generosamente tenuti a bada, ho pensato di scrivere quel che del Black Block ho visto stando coi Lillipuziani. Noi
lillipuziani non eravamo affatto neutri; eravamo armati di una pericolosissima carica di tensione personale, di numerose e
spaventose mani alzate, di un disgusto pacifico ma nausebondo del G8 e di un perverso desiderio infra-strategico di arrivare in
fondo prima di finire soffocati.
Eppure, la nostra barbarie non ha potuto contendere le prime pagine al Black Block, il famoso nemico della libertà e del
mercato.

In mattinata, si era appreso che il ragazzo giustiziato venerdì era 1) di Genova e 2) figlio di un sindacalista.
Questo smentiva sia che fosse "spagnolo" come gli anarchici della guerra di Spagna del 1934, sia che fosse figlio di nessuno
come fa comodo pensare che siano squatters, punks e altre persone che non si comportano come consigliano i padri e le
nonne. Ma soprattutto, questo dava a moltissime altre persone la possibilità di riconoscersi in quell'ex-corpo-senza-nome.

Attorno alla partenza del corteo, radio-folla ha bisbigliato che il Black Block stava arrivando alla Stazione di Quarto. Da dove
veniva questa notizia? Non lo so. Ma questa notizia portava a supporre 1) che il Black Block avrebbe avuto la coda del
corteo, 2) che le tute bianche rischiassero di trovarsi il Black Block alle costole, e 3) che la polizia avrebbe isolato e forse
massacrato la coda del corteo prima che questa potesse risalirlo, visto che dalla Stazione di Quarto al punto d'inizio del corteo
c'era un po' di strada e cinquanta blindati della polizia.
Eppure, questa notizia era assurda in sé; era sensata da un punto di vista mediatico e politico ma assurda come fatto. Forse che
il Black Block ordina a Trenitalia a suo nome un treno speciale? o viaggia forse esibendo i bastoni? o canta forse le canzoni del
Black Block? (quali?)

Quando ero a un terzo del percorso, ho visto questo famoso BB dei giornali. Ho visto ragazzi e ragazze che si distinguevano
per il fatto di avere un bastone in mano, o meglio un pezzo di legno, risalire il corteo fra le contestazioni di alcuni lillipuziani e il
silenzio degli altri manifestanti. Non avevano divise; molti non avevano né casco né mascherine né zaino; alcuni erano
giovanissimi. Mi è sembrato che fossero molto concentrati, ma non sono sicuro perché ho subito pensato a Carlo Giuliani, il
ragazzo ucciso, e questo pensiero non mi ha più lasciato. Non ho avuto il coraggio di cercare di fermarli, e per un istante ho
anche pensato che non serviva a un accidente, perchè c'erano gli altri violenti, quelli "legittimi", per fermare i quali non potevamo
far nulla. Insomma, mi sembrava un po' scemo fare il profeta contro i pezzi di legno e chiudere un occhio sui mitra, i blindati, la
nuova portaerei da quattromila miliardi.

Verso la fine del percorso sul lungomare, abbiamo visto molto fumo bianco (=lacrimogeni) e poi un fumo nero (=incendio). Da
allora, non ho più visto nessun possibile BB, e c'è un motivo; i lillipuziani hanno cambiato strada. Personalmente, credo che noi
pacifisti dovessimo seguire il percorso normale della manifestazione e passare dentro i lacrimogeni, perché serve poco fare il
pacifista quando hai il culo all'asciutto. Ma nessun lillipuziano intorno a me condivideva questa idea, e io non volevo staccarmi
da lilliput e quindi passare per BB e non per pacifista. Non ho ancora capito, d'altronde, i pacifisti che tra una preghiera e una
veglia si sono esentati dal corteo.

Dopo la manifestazione, abbiamo avuto il serio problema di finire la manifestazione, ovvero ripartire; e i BB erano il grande
spauracchio. C'erano lacrimogeni alla Stazione di Brignole, e il discorso si poneva in questi termini; se i BB scappano ed
entrano nella folla, le "tute nere" (così era chiamata la Quarta Arma dell'esercito alla fine della giornata) attaccano tutti; se però
ti stacchi dalla folla, e incappi nelle forze dell'ordine, ci sono fortissime possibilità che tu riceva il trattamento BB.

Quando abbiamo appreso per radio che la Stazione di Brignole era aperta e raggiungibile, ho visto qualcosa di molto
interessante sull'azione dei BB, almeno in quel punto. Per strada, non tutti i negozi erano distrutti. Sullo stesso marciapiede, una
banca, sì; una agenzia di assicurazioni, sì; un negozio di ricambi per cucine e fornelli, no. Un autosalone, sì; un negozio di
prodotti per cani e gatti, no. Una banca, sì. Siccome non mi sembra molto probabile che le "tute nerissime" dei carabinieri
abbiano protetto in modo speciale i negozi di ricambi per cucine e fornelli e i negozi di prodotti per cani e gatti, mi è venuto il
dubbio che i BB siano meno confusi di quello che si racconta; e che abbiano attaccato i simboli di una società fondata sul
denaro.

Per finire, oggi ho fatto un po' il giro di giornali e agenzie di stampa. La prima vittima di sabato sono le centomila, forse
duecentomila persone del corteo, di cui oggi non parla nessuno. Per questo ho pensato di scrivere questo pezzo; perché
ricollochiamo i BB e ci occupiamo del resto che è scomparso.

Ricollochiamo i BB, allora: riflettendo, cercando di capire se il BB è grande come se stesso, come la nostra paura o come un
lacrimogeno mediatico.
Secondo me, già il termine "Black Block" è ridicolo. Come si fa a chiamare "Block" un insieme di persone che sembrano avere
un'intesa molto larga su un punto molto semplice, attaccare il denaro? Più che un block mi sembra una specie di nuvola di punti,
abbastanza rada.
E chi sono i capi del Black Block? Pare nessuno. In effetti su di un'idea così semplice non servirebbe neanche avere capi o
strateghi; ma se non ci sono né capi né strateghi, solo "squatters", la polizia ha un problema molto serio, quello di dover
occuparsi del BB individuo per individuo.
Ma la polizia, i media e sostanzialmente chi vuole hanno così anche una grandiosa opportunità mediatica, quella di poter dire
quello che si vuole del BB senza ricevere smentite. In Europa oggi, pochi altri gruppi-oggetto sono così facilmente manipolabili
dai media; i disoccupati, i musulmani sunniti che non hanno capo né portavoce generale, i clandestini.
Questa opportunità di libero mercato dell'etichettatura del BB mi sembra sia stata usata anche dalle "tute bianche" e dal PRC;
mentre il GSF non è entrato nel merito degli "squatters" e dei soliti anarchici, ha solo domandato come sia possibile che i
poderosi controlli abbiano fatto filtrare bastoni e liquidi infiammabili.

Finirei invitando a riflettere un attimo e soprattutto a far partire il tam-tam di quello che volevamo e vogliamo dire sul G8,
perché i media hanno trovato, forse creato qualcosa che non c'entra niente con il nostro dissenso. Domani, lunedì, il Black
Block già non esisterà più per nessuno; Carlo Giuliani, il governo, i media, l'esercito sì, e allora anche noi pacifisti e
mal-globalizzati dobbiamo (r)esistere.

Un abbraccio a voi e alle migliaia e migliaia di Carlo Giuliani che muoiono ogni giorno in lontani paesi grazie agli 8
Un abbraccio a Giuliano Giuliani

 


Genova 21/7/08 – il mio racconto

di Gabriele

 Ho preso parte al corteo di sabato scorso a Genova, insieme al gruppo di Azione Diretta Nonviolenta, che in tutto ha raccolto circa cento persone ferraresi. Il bilancio della nostra partecipazione è di cui andare fieri, considerando soprattutto la nostra vicenda particolare. Però oggi la nostra presenza quel giorno ha un significato di testimonianza riguardo a fatti molto che non avremmo voluto vedere. Ricorderemo quella giornata soprattutto per ciò che anche noi abbiamo subìto: il comportamento “infame” e criminale delle forze dell’ordine nei confronti di migliaia di manifestanti pacifici.
 Per le strade non c’era nessun carabiniere, e fin dall’inizio ci era parso subito un brutto segno. Forse per il clima pesante dovuto alla morte di un ragazzo il giorno precedente, l’ordine in città era stato affidato interamente a noti reparti della Polizia di Stato, quelli che lavorano negli stadi contro gli hooligans.
  Il nostro corteo era festoso, ma tra noi e la polizia c’era alta tensione. Per i primi chilometri non abbiamo avuto problemi. Abbiamo capito che qualcosa non andava quando il corteo si è fermato di colpo e gli elicotteri sono scesi sopra di noi a bassissima quota. A Piazzale Kennedy gli scontri erano incominciati all’improvviso; la polizia però non si avvicinava ai violenti armati che bruciavano le auto: si limitava a lanciare lacrimogeni, in numero spropositato, direttamente in direzione del corteo, creando una cortina di fumo visibile da chilometri di distanza. Tutto il corteo è stato costretto a deviare lungo un corso parallelo a quello previsto. Le manovre della polizia   sembravano a tutti estremamente pericolose, i gruppi si sparpagliavano, noi camminavamo in fila velocemente, tenendoci per mano. In seguito - verremo a sapere - gli altri gruppetti più lenti, rimasti dietro di noi, sono stati caricati e pestati dalla polizia. Vi racconto i fatti partendo da questo momento, in cui sembra che per noi tutto volga verso la normalità.
 Più avanti, ad un incrocio che sembra tranquillo, gli organizzatori ci invitano a riformiare il corteo, noi ci prepariamo a riprendere il cammino. E’ precisamente in questo momento che la polizia ci carica all’improvviso, da una via laterale. Gli agenti spezzano il corteo proprio nel punto in cui ci troviamo. Eravamo riusciti a restare tenerci quasi tutti per mano in cento persone, ma ora ci colgono impreparati. Per qualche minuto ci sembra di essere completamente dispersi. Invece poco dopo a uno a uno ci ritroviamo tutti, ma siamo costretti a riprendere la marcia in una fitta calca, perchè la polizia si sta disponendo in assetto da guerra alle nostre spalle. Siamo contenti di essere di nuovo uniti, e non sappiamo ancora che sta cominciando la nostra piccola discesa nel Maelstorm.
 Forse la polizia cerca sparuti gruppi di “Black Block”; il fatto è che invece ce l’ha con noi, carica indiscriminatamente tutta la folla. Vediamo così in azione gli attori dello show: i poliziotti, schierati armati fino ai denti da un lato, e i “teppisti”, sporchi e cattivi, che in verità sono pochissimi e sostanzialmente non fanno altro che insultare. Però a pochi metri ci sono migliaia di persone pacifiche, o meglio che all’inizio erano pacifiche, ma si stanno comprensibilmente alterando.
     Le “tute nere” si muovono a gruppetti di 3-5 persone; scelgono un obiettivo e lo distruggevano metodicamente, sotto gli occhi degli agenti, senza che la polizia mostri alcun desiderio di intervenire. Questi gruppetti, come poi ci renderemo conto, si spostavano per la città tranquillamente indisturbati, li abbiamo incontrati anche in seguito lungo le strade deserte e anche ai lati del corteo. L’impressione era che non ci fosse nessun serio tentativo di arrestare questi gruppi, le forze dell’ordine si tenevano sempre a distanza. Il comportamento della polizia cambia, però, quando i rivoltosi si trovano in prossimità della manifestazione.
Cinque tute nere provocano i poliziotti alla nostra sinistra, in via Pisacane. I poliziotti li caricano, e i rivoltosi scompaiono subito entrando nel corteo. Ma la polizia continua la sua carica contro tutti i manifestanti, lanciando lacrimogeni direttamente in mezzo alla folla. Vicino a noi ci sono gruppi sindacali, famiglie con bambini e bambine. Un signore crolla a terra in preda alle convulsioni - è un possibile effetto dei gas.
  Anche il gruppo nazionale della Rete Lilliput sarà caricato in pieno dalla polizia, quasi tutti i suoi manifestanti si disperdono. Solo un ragazzo non scappa, ma alza le mani gridando “Siamo non violenti!”. Un poliziotto si avvicina, freddamente solleva il manganello e gli spacca la testa – un colpo proibito dai manuali della polizia.
Mi ricordo che avevamo tanti slogan nel primo pomeriggio, e invece adesso i gruppi di tutto il corteo scandiscono insieme una sola parola, “assassini”, rivolti verso gli agenti.
  In questo incrocio di via Casaregis, la violenza della polizia provoca una reazione di parte del corteo. C’è sempre una parte di manifestanti preparata ad alzare barricate, di solito sono i ragazzi dei centri sociali che notoriamente perseguono la “difesa attiva”. Formano un gruppo immediatamente alle nostre spalle, bloccano la strada alla polizia riparandosi dietro cassonetti e si preparano alla sassaiola. I lacrimogeni della polizia però hanno ormai reso l’aria irrespirabile per tutti. I genovesi sono costretti a chiudere ermeticamente le finestre, eppure qualche persona eroica  apre le imposte e innaffia la folla con le pompe, ci aiuta a lavarci dalle sostanze caustiche. Ma in una folla compatta non si può fuggire ai gas, e noi non abbiamo maschere contro gli aggressivi chimici che ci torturano, nè protezioni contro i manganelli dei poliziotti che ci corrono incontro. Dobbiamo allontanarci: chiediamo informazioni, su che via prendere, i genovesi ci aiutano, così lasciamo il corteo per una strada laterale. Il governo ci ha fatto capire cosa dobbiamo farcene del nostro diritto a manifestare. Ma siamo decisi a ritornare nel corteo il prima possibile, e infatti lo ritroveremo alla fine, dopo una lunga fuga per le vie della città.
 Alla sera però abbiamo ricevuto la notizia peggiore: il pestaggio selvaggio dei ragazzi che dormivano nella scuola G. Pascoli. Si sapeva che i Black Block utilizzavano alcuni luoghi a disposizione dei manifestanti, il problema delle infiltrazioni e delle armi era stato segnalato direttamente da Agnoletto alle forze dell’ordine. E le forze dell’ordine hanno dato, a modo loro,  una risposta paradossale e brutale. A mezzanotte del 21 fanno irruzione sfondando la porta, nei locali e nella sede di coordinamento del Genoa Social Forum. Effettuano ciò che beffardamente chiamano “operazione di bonifica”. Aggrediscono i giornalisti, sfasciano i computers e le attrezzature, mostrando particolare astio verso hard disk e videocassette. Ma l’azione infame avviene nel palazzo adiacente: gli avvocati e i parlamentari vengono tenuti fuori con la forza - il che è scopertamente illegale poichè gli avvocati dovrebbero assistere alla perquisizione - perchè non devono esserci testimoni. Il rumore dell’elicottero cerca di coprire le urla, mentre all’interno i ragazzi e le ragazze vengono pestati selvaggiamente.  Qualcuno tenterà di difendersi con le mani, uno anche con un coltello, ma perloppiù non ne hanno il tempo perchè vengono massacrati mentre sono ancora nei sacchi a pelo, e tutti i poliziotti ne escono illesi. Fuori gli avvocati e i parlamentari urlano e chiedono di entrare, ragazzi e ragazze vengono trascinati fuori coperti di sangue. Queste e altre immagini del 21 luglio sono la vergogna nazionale; a Berlino i manifestanti circondano la nostra ambasciata e insultano l’Italia, e fanno bene.
 Di professionisti della guerriglia, in quella scuola,  probabilmente non ce n’erano: a quell’ora c’erano invece ragazzi più giovani, gli studenti dei centri sociali che si preparavano ad andare a dormire. Persone normali, mai imputate di nulla. E potevano esserci i miei amici lì dentro, quanti di noi  avevano cercato un posto per dormire a Genova, tra venerdì e sabato avevano passato tante ore in quella scuola. Il mio sentimento è un’ira funesta. Una ragazza che conosciamo non è tornata con il suo pullmann, sua madre non ha notizie di lei da sabato sera: teme che a quell’ora si trovasse nella scuola, ma nessuno comunica la lista dei fermati, nemmeno gli avvocati lo sanno.
All’indomani di questa a azione punitiva di tipo squadrista, mi restano in mente le parole del governo che dice “non c’è distinzione” tra il Social Forum e le frange violente, ci definisce “tutti i contestatori” collusi con i criminali. La polizia mostra in televisione le “armi improprie” trovate nel camion parcheggiato  sotto la scuola. Siete tutti uguali e abbiamo fatto bene a picchiare chiunque di voi, dovevate starvene a casa, comandiamo noi – è questo il rozzo messaggio di stile “cileno”.
 Il sospetto che ci fosse un piano orchestrato per delegittimarci, strumentalizzando cinicamente la violenza e i disordini, ovviamente è quasi una certezza. Dopo tutto ciò che ho visto, osservo: prima pensavo soprattutto a comunicare i contenuti delle nostre ragioni manifestazione, ora mi accorgo che dopo questa giornata i toni e i contenuti della nostra protesta sono cambiati. Ora la nostra è anche una denuncia contro la violenza istituzionale dell’autorità che si proclama ufficialmente “democratica”, ma che di fatto usa metodi al di fuori della costituzione. E’ una nuova frattura nella società civile, c’è un nuovo un clima di sfiducia che ci divide oggi dalle forze dell’ordine – oggi sentiamo scricchiolare il tessuto democratico.
Il comportamento della polizia italiana è stato la vergogna maggiore per il nostro paese. Oggi però sappiamo che il governo italiano usa non solo l’arma dell’intimidazione violenta, ma anche della menzogna e - secondo decine di testimonianze agli avvocati del Genoa Social Forum - della tortura. Tra il governo e il popolo dei contestatori pacifici, i rapporti non avrebbero potuto prendere una piega peggiore. Gli stati più potenti del mondo hanno dimostrato, prima di ogni altra cosa, di avere paura al punto di abbandonare lo stato di diritto. Quindi è proprio la loro “democraticità” che oggi tende a divenire l’oggetto delle nostre accuse.
Avvertiamo governi che non riusciranno a isolare un movimento mondiale di queste dimensioni. Al contrario, il fatto che non abbiamo armi non significa che siamo una sfilata folcloristica. La nostra risposta sarà massiccia, la nostra politica diventerà più dura, internazionale e organizzata.

 


Teatro di strada con sorpresa

Scende l’agente in borghese con occhiali scuri, guanti di pelle nera e un manganello in mano e senza qualificarsi, con toni e gesti invadenti, urla: “Se volete far casino andate a Genova così vi facciamo quello che i vostri amici stanno facendo ai miei colleghi”


Il Gruppo di Teatro

Camogli.
Venerdi 20 luglio 2001 (dalle ore 15 circa in avanti).
Sole in spiaggia e una folla di bagnanti.
Siamo un gruppo di teatranti di Milano che ha creato una performance centrata sui temi anti-G8 con l’intenzione di sensibilizzare coloro che, ignorando ciò che accade a pochi chilometri, trascorrono la giornata al mare.
Utilizziamo una parte della spiaggia pubblica per mettere in scena lo spettacolo.
Subito il pubblico tutto, compresi gli inquilini dei palazzi sul lungomare, sembra essere molto partecipe ed interessato.
L’obiettivo dello spettacolo è quello di coinvolgere in modo ironico e giocoso la gente, cercando di attirare l’attenzione sul tema della globalizzazione attraverso espressioni corporee e verbali.
Poco prima della conclusione due guardie della marina ci interrompono con un atteggiamento, a nostro avviso, garbato, presentando il rischio di ricorrere a un verbale per disturbo alla quiete pubblica qualora avessimo continuato.
Disturbo alla quiete pubblica?!
Venerdi pomeriggio.
In spiaggia.
Bambini che schiamazzano.
Onde che si infrangono.
Quale occasione per noi migliore poteva presentarsi se non quella in cui le forze del (dis)ordine proibiscono la libertà di espressione?
Gli spettatori allibiti dimostrano la loro disapprovazione attraverso fischi ed implorazioni, espressione di solidarietà questa che ha rafforzato il nostro sconcerto.
Dovendo per necessità smettere, accogliamo comunque gli applausi calorosi del pubblico.
Decidiamo di lasciare Camogli e mentre parte dei presenti si avvicina per chiederci informazioni sul G8, alcuni di noi sono già in strada e non fanno in tempo a decidere sul da farsi che arrivano di gran fretta due auto dei carabinieri e una probabilmente della digos vuote (esclusi autisti) con lampeggianti accesi.
Si fermano davanti a noi.
Scende l’agente in borghese con occhiali scuri, guanti di pelle nera e un manganello in mano e senza qualificarsi, con toni e gesti invadenti, urla.
Lui : “Se volete far casino andate a Genova così vi facciamo quello che i vostri amici stanno facendo ai miei colleghi”
Noi : “…”
Lui (agitando il manganello) : “ Se ci richiamano vi spacco la testa e voi siete morti, siete morti…intesi? ”
Noi : “…”
Lui (indicando uno di noi con la barba e capelli lunghi) : “Sei tu il boss, vero?!”
Noi : “Nel nostro gruppo non esiste nessun boss”
Il nostro senso di impotenza.
La nostra rabbia.
La sua infamia.
Partiamo alla volta di Genova… ciò che purtroppo accade attorno al vertice è già abbastanza noto.