Senza se e senza ma, Riace non finisce qui

scritto per notiziario Un Ponte Per…

L’arresto di Mimmo Lucano, Sindaco di Riace,  e la sospensione dei progetti SPRAR nel piccolo borgo calabrese, sono gli ultimi eclatanti atti finalizzati mettere fine ad un’esperienza di accoglienza e integrazione divenuta un modello riconosciuto e studiato a livello internazionale.

Lo sciopero della fame del Sindaco per protestare contro l’immotivato blocco dei fondi di progetti già realizzati e la raccolta popolare di solidarietà promossa dalla Rete dei Comuni Solidali, alla quale hanno aderito centinaia di cittadini/e e associazioni, avevano attirato durante l’estate l’attenzione di alcuni media e di diversi personaggi pubblici. Con l’arresto di Mimmo, la chiusura dei progetti, la minaccia (poi rettificata) di trasferimento dei migranti residenti a Riace, si compie un ulteriore passo avanti verso la delegittimazione pubblica di qualsiasi forma di solidarietà, e l’uso dell’apparato repressivo per mettere a tacere chi cerca di contrastare con i fatti la narrativa d’odio sulla quale l’attuale governo costruisce paura e consenso.

Il punto veramente innovativo del “modello Riace” sta infatti nell’aver colto quali siano le opportunità reciproche di cui persone migranti e comunità di accoglienza possono beneficiare cooperando in un territorio soggetto a spopolamento e fortemente controllato dalla criminalità organizzata. La colpa di Mimmo è aver messo in pratica questa intuizione, dimostrando che è possibile creare un meccanismo virtuoso di convivenza capace di rimettere in moto il tessuto sociale e l’economia locale. Ed averlo fatto utilizzando i famosi 35 euro al giorno per l’accoglienza che, invece di essere affidati ad enti gestori o grossi fornitori, venivano utilizzati dal Comune per garantire servizi di base e sviluppare progetti di formazione e integrazione curando e recuperando al contempo il patrimonio storico e ambientale del piccolo paese della Locride. Parte integrante di questo modello sono i cosiddetti “bonus”, la moneta locale inventata da Lucano per rendere indipendenti le persone migranti negli acquisti dei beni di prima necessità: una pratica virtuosa che dovrebbe essere un modello per tutti e tutte, perché oltre a favorire l’autonomia e a dare dignità agli ospiti, evita la gestione centralizzata di grandi acquisti, ovvero quella parte della filiera economica dell’accoglienza dove si annidano corruzione, collusione e infiltrazioni della criminalità organizzata. “In tanti diciamo di voler costruire un modello di accoglienza diverso: qui lo hanno fatto”: questo aveva dichiarato Ada Colau, sindaca di Barcellona, nel corso della sua visita a Riace nell’agosto scorso. Ed è proprio l’averlo fatto, guadagnando riconoscimenti e premi oltralpe, il problema del sindaco di Riace. Dimostrare, con pochi slogan ma molti fatti, che la rappresentazione del “nemico migrante” è solo uno strumento di propaganda. Che in un paese dove ogni anno le aree interne perdono tra l’1% e il 6%  di abitanti e 285 mila persone lasciano l’Italia (secondo i dati Istat, ma i flussi reali indicano  che il numero potrebbe essere anche doppio), parlare di “invasione” è procurato allarme. Per questo Riace fa tanta paura. Talmente tanta che la RAI ha censurato la messa in onda della fiction “Tutto il mondo è paese” con Beppe Fiorello, prodotta proprio da Rai Fiction,  con la scusa dell’inchiesta della Procura di Locri che ha portato al provvedimento di arresti domiciliari per Mimmo Lucano. Come se non fossimo tutti giorni costantemente bombardati da serie televisive su mafiosi, criminali, camorristi, ladri, serial killer, tutti già passati in giudicato.

L’arresto di Mimmo ha generato un’onda lunga di solidarietà che ha portato a Riace migliaia di persone sabato 6 ottobre. Molte sono state anche le iniziative territoriali in sostegno del Sindaco. Le accuse, se contestualizzate nel territorio in cui avvengono i fatti, fanno quasi sorridere: aver organizzato un matrimonio per consentire ad una donna nigeriana di non essere rimpatriata, ed aver affidato la gestione dei rifiuti alle due cooperative sociali del paese alle quali mancava l’iscrizione ad un albo regionale.  E’ evidente come gli arresti domiciliari siano sproporzionati sia in relazione ai reati contestati che agli elementi che normalmente regolano le misure cautelari. Si tratta di un avvertimento non solo al Sindaco di Riace, ma a tutti e tutte coloro che pretendono di continuare a praticare solidarietà attiva. C’è un cambiamento in atto rapido, profondo e pericoloso nel nostro paese. Si comincia ogni giorno di più ad associare la parola solidarietà a disobbedienza: quando per essere solidali bisogna iniziare a disobbedire, significa che le cose si stanno mettendo molto male. E allora, non arretrare diventa ancora più importante e fondamentale continuare a sostenere l’esperienza di Riace con altri strumenti. Anche per questo, sulle finestre del nostro ufficio oggi ci sono cartelli che esprimono sostegno a lui e a tutta la comunità di Riace, ribadendo che la solidarietà non può essere arrestata. Per questo, con quella stessa frase stampata sulle nostre magliette abbiamo scelto di partecipare alla Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Molto più che uno slogan, ma una dichiarazione chiara della parte dalla quale abbiamo scelto di schierarci.

Conosciamo Mimmo da tanto tempo, siamo al suo fianco senza se e senza ma e siamo sicuri che Riace non finisce qui. Continueremo a sostenerla, a praticare solidarietà in ogni luogo e a disobbedire, ogni volta che sarà necessario. 

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